Il campo di applicazione prediletto del Biodizionario è quello della cosmesi, con migliaia di ingredienti utilizzati per la preparazione di trucchi, creme e lozioni.
Spesso molte aziende dichiarano di utilizzare prodotti al 100% naturali, poi ad un rapido passaggio nel Biodizionario si scopre come questo sia in realtà in parte vero.
E sapere cosa ci si spalma e si utilizza nella cura del corpo tutti i giorni è assolutamente fondamentale per evitare irritazioni della pelle o problemi ancora peggiori.
Ecco quindi, Biodizionario alla mano, una breve lista di sostanze ritenute dannose che si possono trovare all’interno dei prodotti per la cosmesi.
Petrolati e siliconi: i più comuni tra gli ingredienti nocivi
Questo tipo di sostanze vengono utilizzate nei cosmetici con la funzione di “filmanti”. In pratica consentono al prodotto di applicare una leggera patina sulla pelle, in grado di coprire piccoli inestetismi, rendere la cute all’apparenza più liscia e altri benefici di tipo estetico.
Però tutte queste caratteristiche si fermano alla sola “apparenza” mentre nella sostanza questi ingredienti sono derivati dalla raffinazione del petrolio, e come tali possono essere dannosi se utilizzati con continuità.
Sono abbastanza comuni nelle creme, perché rendono il prodotto più morbido e vellutato, inducendo il consumatore a credere di trovarsi di fronte ad un prodotto di ottima qualità.
Tra i siliconi utilizzati più spesso e che possiamo leggere sull’etichetta troviamo:
Amodimethicone;
Dimethicone;
Cyclomethicone;
Cyclopentasiloxane;
Trimethylsiloxysilicate;
Ed in generale gli ingredienti che terminano con i suffissi «-thicone»; «-xiloxane»; «-silanoi», che indicano proprio un derivante del silicone.
I petrolati, che come dice il nome sono prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, sono invece:
Pertolatum;
Vaselina;
Paraffina;
Paraffinium Liquidum;
Cera microcristallina;
Mineral Oil
Quando troviamo questi ingredienti ci basterà una rapida consultazione al Biodizionario per capire che siamo al cospetto di sostanze potenzialmente dannose per la nostra pelle.
I Parabeni: conservanti molto diffusi nella cosmesi
Altro elemento che si può trovare nei cosmetici è una serie di conservanti conosciuti col nome di Parabeni.
Questi vengono utilizzati per evitare che il prodotto si degradi e vada come siu suol dire “a male” prima di riuscire a sfruttarlo appieno.
Tempo fa l’utilizzo di questi conservanti era considerato sicuro, anzi il fatto che fossero nella lista degli ingredienti di creme, shampoo o saponi era considerato un punto di forza.
Molti studi nel tempo hanno invece dimostrato come queste sostanze alla lunga si possano rivelare cancerogene. Infatti il loro continuo contatto con la pelle può provocare anche condizionamenti al sistema endocrino, in quanto parliamo di sostanze che possono entrare in circolo attraverso il sangue causando quindi episodi di allergie o intoilleranze.
Uno dei parebeni più conosciuti e comuni è ad esempio la Formaldeide, ma ve ne sono altri che possiamo incontrare nell’etichetta dei prodotti di cosmetica come:
Methylchloroisothiazolinone;
Methylisothiazolinone;
Methyldibromo glutaronitrile;
Sodium hydroxymethylglycinate
DMDM hydantoin;
Benzylhemiformal, 2-bromo, 2-nitropropane;
1,3-diol, 5-bromo, 5-nitro, 1,3-dioxane.
Se leggiamo nell’INCI del prodotto e troviamo queste sostanze, basterà fare la verifica con il biodizionario per capire la pericolosità di quello che stiamo utilizzando.
Prodotti con sigla EDTA
Potremmo anche imbatterci in prodotti contrassegnati dalla sigla EDTA che significa acido etilendiamminotetraacetico, una sostanza in grado di trattenere le molecole di molti metalli pesanti. Questa caratteristica lo rende, oltre che non salutare per le persone, anche dannoso per l’ambiente. Infatti le particelle di questi metalli sono difficilmente biodegradabili, quindi resistono a lungo nell’ambiente e una volta scaricati possono depositarsi, ad esempio, sul fondo dei fiumi causando innumerevoli problemi. Questa serie di prodotti la troviamo spesso contrassegnata anche con suffissi come:
«-trimonium»;
«-dimonium»;
«-glycol».
Non si tratta di prodotti strettamente pericolosi per le persone perché le quantità di metalli pesanti trattenute sono minime, ma il largo consumo di queste sostanze potrà creare notevoli danni ambientali anche sul medio periodo.
Sappiamo riconoscere i prodotti dannosi e nocivi per noi e per l’ambiente quando li utilizziamo nelle pulizie di tutti i giorni?
In questa operazione un valido alleato è il Biodizionario, uno strumento che ci consente di avere con un rapido colpo d’occhio un quadro completo sulla composizione dei nostri detersivi sia per la pulizia di casa per il bucato di tutti i giorni.
E proprio con l’ausilio del Biodizionario dei detergenti abbiamo stilato una lista di 5 sostanze che possiamo definire dannose senza mezze misure!
#1 Candeggina
Parliamo di un prodotto abbastanza diffuso, che trova spazio in molte delle case degli italiani e utilizzato da tempo per le pulizie domestiche.
Si tratta però di una sostanza dannosa, che in caso di prolungata esposizione può facilmente causare irritazioni, non solo alla pelle e agli occhi, ma anche alle vie respiratorie arrivando a scatenare anche veri e propri episodi asmatici nei casi più gravi.
In questo senso risulta particolarmente dannosa anche per i bambini, quindi se abbiamo dei piccoli in casa è consigliabile sostituire questa sostanza con dei igienizzanti più naturali.
Aceto e Bicarbonato vengono spesso proposti per essere utilizzati come alternativa all’utilizzo della candeggina, salvaguardando il risultato in termini di igiene e pulizia e allo stesso tempo avendo la tranquillità data dall’utilizzo di prodotti più sicuri per la nostra salute.
Di certo sono una alternativa sicura per la salute e l’ambiente ma non si può dire altrettanto riguardo l’efficacia.
Ma esistono comunque in commercio detersivi ecologici che possono sostituire egregiamente la candeggina sia per quanto riguarda il tradizionale uso come igienizzante ma anche per sostituirla nel bucato di tutti i giorni per sbiancarlo.
#2 Ammoniaca
Anche l’ammoniaca non riscuote grande successo tra le pagine del Biodizionario. Parliamo infatti di una sostanza con effetti nefasti simili a quelli che possiamo riscontrare nella candeggina, con l’aggiunta che una prolungata e intensiva esposizione può causare anche danni al cervello. Utilizzata spesso come sgrassante, l’ammoniaca ha comunque delle controparti naturali che possono svolgere lo stesso compito in maniera sicuramente meno pericolosa. Per avere ottimi risultati si può usare ad esempio bicarbonato, le cui qualità sgrassanti vengono in aiuto per la pulizia di stoviglie e superfici della cucina spesso soggette ai depositi di grasso dovuti alla cottura dei cibi.
#3 Acido Muriatico
Il nome è già inquietante, essendo un acido molto aggressivo utilizzato soprattutto nel campo dell’industria.
Eppure l’acido muriatico trova spazio nelle nostre case, utilizzato per la sua enorme forza disincrostante.
Chiamato anche Acido Cloridrico, questa sostanza ha la caratteristica di essere estremamente volatile, infatti quando viene diluita in acqua può causare dei fumi che se inalati possono irritare le vie respiratoria anche in maniera molto grave.
La grande forza corrosiva di questa sostanza inoltre la rende estremamente pericolosa in caso di contatto con la pelle o peggio con gli occhi, quindi è fortemente consigliato utilizzarla il meno possibile e comunque sempre con le dovute protezione, vale a dire guanti e occhialini protettivi.
È utile dire che anche qui esistono già le alternative ecologiche che garantiscono la stessa performance in termini di pulizia ma senza le controindicazioni degli acidi petrolchimici.
#4 Deodoranti per gli ambienti
Con il tempo si sono sempre più diffusi nelle nostre i deodoranti per ambiente, che dovrebbero rilasciare piacevoli fragranze nelle stanze della nostra casa. Certo, il profumo che possono emanare non si discute, ma a quale prezzo? Analizzando alcuni profumatori d’ambiente con il biodizionario si può scoprire come questi prodotti contengano sostanze abbastanza aggressive nei confronti delle nostre vie respiratorie, creando anche veri e propri casi di insorgenza di allergie che prima non si manifestavano. L’utilizzo di questi prodotti è sconsigliato anche perché vi sono alternative del tutto naturali assolutamente valide, come ad esempio gli oli essenziali.
#5 Etanolammine
Occhio a queste sostanze che si possono facilmente trovare nei detersivi per il bucato dichiarati con forza smacchiante. Inserendo gli ingredienti di questi prodotti nel Biodizionario possiamo trovare la presenza di Etanolammine, sottoforma di altre sostanze più complesse quali dietanolammina, trietanolammina e monoetanolammina che possono provocare problemi a livello respiratorio, causando attacchi d’asma. Appartenenti alla famiglia dei tensioattivi, che non sono tutti nocivi, queste si possono trovare anche nei detergenti per la pulizia dei pavimenti, quindi è sempre consigliabile controllare attentamente prima di scegliere quale prodotto utilizzare per la pulizia, sia delle superfici che del bucato.
L’INCI dei prodotti è la nostra cartina di tornasole per sapere sempre cosa stiamo utilizzando quando ci affidiamo ad un detergente, un cosmetico oppure un alimento.
Si tratta in pratica di una lista di ingredienti costruita con regole ben precise, che ci aiuta nel conoscere la composizione del prodotto che vogliamo utilizzare, e assieme all’ausilio del Biodizionario, capire se questo è pericoloso per noi e l’ambiente e in quale misura.
Ma come si legge correttamente un INCI per trarre le informazioni utili da inserire nel Biodizionario in un secondo momento?
Vediamolo brevemente con questa guida rapida!
Come leggere e interpretare un INCI
Come detto l’INCI non è altro che la vera e propria carta d’identità di un prodotto, quindi per conoscerne le caratteristiche dobbiamo essere in grado di saper leggere questa carta d’identità.
Le regole di interpretazione sono quindi fondamentali per non travisare quanto descritto nell’INCI.
Ordine nella lista degli ingredienti: le sostanze presenti nel prodotto non sono elencate alla rinfusa o in ordine alfabetico, ma seguono una precisa regola e vengono riportate nella lista in base al loro peso. Quindi se l’ingrediente è presente in quantità maggiore rispetto ad altri verrà elencato per primo e via via a scendere sulla base di questo parametro. L’unica eccezione avviene per tutte quelle sostanze che sono presenti in quantità inferiori all’1% del totale, che trovano spazio al termine dell’elenco e sotto quella percentuale possono essere riportate senza un ordine preciso.
Nome degli ingredienti: un altro indizio importante riguardo la natura della sostanza è fornito dal nome. Infatti le nomenclature dei vari ingredienti si differenziano a seconda della loro origine, quindi verrà usato generalmente il latino per indicare sostanze di uso comune già presenti nella Farmacopea Europea, o per ingredienti di origine vegetale che non hanno subito trattamenti di alcun tipo.L’Inglese è invece utilizzato per i prodotti che hanno subito modifiche sostanziali: quindi sarà usato ad esempio per sostanze sintetiche e vegetali esposti a trasformazioni chimiche.Unica eccezione al dualismo tra latino e inglese in termini di lingua è destinato al profumo che viene indicato con il francesismo Parfume.
Indicazione dei coloranti: per i coloranti viene fatto un discorso a parte, perché vengono segnalati in base al loro standard di classificazione internazionale. Esiste infatti il cosiddetto Colour Index solitamente abbreviato con la sigla CI che fornisce un codice in base al colore della sostanza. Anche nell’INCI sono quindi riportati con tale codice e solitamente sono posti alla fine dell’elenco perché presenti sempre in quantità comunque inferiori all’1%. Attenzione però questo non significa che siano meno dannosi, perché sappiamo bene come questo tipo di sostanze chimiche possano essere nocive anche in ridottissime quantità.
Agricoltura biologica: all’interno dei prodotti che utilizziamo possiamo trovare anche sostanze o ingredienti provenienti direttamente da agricoltura biologica. Solitamente accanto al nome che molto spesso è riportato in latino, troviamo un asterisco (*) ad indicare la natura di questo ingrediente.
Quindi questi sono i parametri da tenere in considerazione quando si legge un etichetta INCI di un prodotto.
È comunque bene specificare che non sono considerati ingredienti le impurità che possono rimanere all’interno del prodotto durante il processo di lavorazione dello stesso, quindi la lettura dell’etichetta ci fornisce uno spettro completo al 99,9%.
Capire i risultati di una lettura di etichetta INCI
Abbiamo visto quindi come leggere l’etichetta, ma questo non basta da solo per rendere sicuro l’utilizzo di un determinato prodotto.
Molti di noi non hanno infatti le conoscenze adeguate per stabilire se una sostanza è dannosa o meno e quindi tutto quello che troviamo riportato nell’INCI deve passare ad un ulteriore consulto con il Biodizionario.
Effettuando la ricerca della sostanza attraverso le pagine del Biodizionario possiamo avere un giudizio rapido sulla sua pericolosità, grazie anche al sistema intuitivo fatto da pallini/semafori di colore verde giallo e rosso che ci indica visivamente la natura della sostanza che abbiamo ricercato.
Quindi l’etichetta INCI da sola non è sufficiente ma abbinando questo strumento a quello del Biodizionario tutti saremo in grado di conoscere perfettamente come sono composti i prodotti che magari utilizziamo tutti giorni.
Il bicarbonato di sodio è un sale dalle mille possibilità d’impiego, comunemente utilizzato in moltissimi ambiti, domestici e non. Normalmente lo si trova in soluzione nelle acque sotterranee o superficiali, ma è possibile rinvenirlo anche in forma di cristalli che opportunamente trattati portano ad una polvere cristallina bianca, comunemente commercializzata.
Vediamo insieme cos’è il bicarbonato di sodio, in quali settori d’uso trova spazio e dove acquistarlo!
Dal natron al chimico belga Solvay
I primi a scoprire uno dei composti derivati dal bicarbonato di sodio furono gli Egizi. Osservavano facilmente che sulle sponde del Nilo, quando l’acqua evaporava, rimaneva un residuo biancastro e polveroso. Sperimentando con esso scoprirono che questo sale aveva enormi potenzialità essiccanti: non per caso, i corpi dei faraoni e dei dignitari passavano in un bagno di natron oltre due mesi per venire completamente asciugati prima di procedere con la mummificazione e la sepoltura.
Quando i Romani iniziarono ad intrattenere rapporti commerciali con la potenza medio-orientale cambiarono il nome del sale natron in natrium, secondo la dicitura latina. Questo passaggio culturale è evidente ancora oggi nella scelta del simbolo chimico del sodio: Na, per l’appunto.
Fino al 1700 l’uso del bicarbonato non divenne particolarmente popolare, per via dei costi di estrazione. Come per tutti i sali, infatti, l’estrazione poteva avvenire solamente per evaporazione dell’acqua. Il processo era così costoso che lo stipendio veniva chiamato anche “salario” proprio perché veniva pagato in sale, materia prima preziosissima e spesso riservata alla popolazione nobile o ricca.
Con la Prima Rivoluzione Industriale del 1700 il chimico francese Lavoisier individuò alcuni dei processi chimici all’origine della produzione naturale del bicarbonato di sodio, mirando a semplificarli e a renderli accessibili anche a livello industriale.
Il metodo Solvay per produrre il bicarbonato di sodio
Non molti anni dopo fu il chimico belga Ernest Solvay ad individuare un procedimento produttivo economico e funzionante per il bicarbonato di sodio, a cui diede il proprio nome.
Fino a pochi anni prima il metodo usato era detto “di Leblanc”, ma non solo i suoi costi erano più elevati, ma durante la produzione si liberavano nell’ambiente composti tossici come il solfuro di calcio o l’acido cloridrico.
Il metodo Solvay, poi esportato in tutte le produzioni del mondo e ovviamente anche nell’omonima impresa (con sede in Italia a Rosignano Solvay, in provincia di Livorno) consiste nel far passare una soluzione di cloruro di sodio in ammoniaca e anidride carbonica. I prodotti di questa reazione sono il cloruro di ammonio e, per l’appunto, un bicarbonato di sodio di purezza pari a circa il 75%.
Se si desidera ottenere bicarbonato di sodio puro, per scopi finali differenti, è necessario invece far reagire carbonato di sodio, acqua e anidride carbonica. In questo caso, l’intera massa prodotta è al 100% bicarbonato di sodio.
Entrambi i prodotti sono d’uso comune, e assolvono a funzioni differenti a seconda del tipo di preparazione che si ricerca. Il bicarbonato di sodio è facilmente identificabile nelle etichette dei cibi, dei farmaci e dei prodotti per la pulizia come additivo “E 500”.
I campi di impiego del bicarbonato di sodio
Le proprietà chimiche del bicarbonato di sodio vengono impiegate in numerosi settori: da quello alimentare alla farmacologia, fino ai prodotti per pulire e alla cucina. Vediamone insieme qualcuno!
I farmaci
Il bicarbonato di sodio reagisce alla presenza di soluzioni acide producendo effervescenza. Questo impiego è classico nella produzione di alcuni farmaci che vadano trasferiti da una bustina o da una compressa in un bicchiere d’acqua. Non per caso la maggioranza di questi prodotti è aromatizzata al limone o all’arancia: l’acidità di questi aromi innesca la reazione di effervescenza.
Considerando che il bicarbonato è una sostanza basica, che cioè limita l’effetto degli acidi, viene anche incluso in moltissime preparazioni farmaceutiche che cercano di ridurre l’acidità di stomaco e i sintomi delle indigestioni.
Fa parte anche del kit di primo soccorso nelle aziende che si occupano della manipolazione degli acidi: se qualcuno dei lavoratori si bruciasse con la sostanza acida, abbondanti quantità di bicarbonato limiterebbero l’azione dell’acido sulla pelle prevenendo danni profondissimi.
In cucina
Il bicarbonato di sodio viene aggiunto alle preparazioni dolciarie come agente lievitante. Per innescare l’effervescenza è necessario che il composto sia acido: questo effetto si ottiene con gli aromi, gli ingredienti di base oppure con altri agenti come il cremor tartaro o il lievito istantaneo, in cui acido e base sono già perfettamente dosati.
La famosissima “Idrolitina”, la polvere bianca che rende frizzante l’acqua naturale e che si usava comunemente prima dell’introduzione in commercio di bevande gassate, è a base di bicarbonato e sostanze debolmente acide che innescano l’effervescenza.
Se il sugo di pomodoro o il caffè ti sembrano troppo aciduli puoi usare una punta di bicarbonato di sodio per correggerne il PH e renderli più gradevoli.
Bicarbonato di sodio per la cura della persona
Nel settore della cura per la persona il bicarbonato di sodio trova moltissimi usi.
Per le sue proprietà sbiancanti viene ancora oggi incluso in alcune paste dentifrice, che producono un effetto leggermente abrasivo e rendono più candido il sorriso. Questo tipo di prodotti, o l’uso del bicarbonato di sodio puro come dentifricio, dovrebbe essere comunque limitato nel tempo per evitare di aggredire lo smalto e causare danni permanenti a denti e gengive.
La proprietà abrasiva del bicarbonato può essere utilizzata anche per effettuare uno scrub delicato sul viso o sul corpo. È necessario creare una pasta con bicarbonato e un olio, per esempio di mandorle, e massaggiare con vigore sulle zone più secche come ginocchia, gomiti o talloni. Ripetendo il procedimento con regolarità la pelle avrà un aspetto più uniforme e compatto, senza aree screpolate.
Per molti anni il bicarbonato di sodio fu anche usato per cosmetici dedicati alle donne afroamericane, che desideravano schiarire la propria pelle e assomigliare maggiormente alle donne caucasiche. Per fortuna, questo tipo di pratica è ormai caduta in disuso e anzi, la bellezza etnica viene sempre di più valorizzata dalle case cosmetiche con colorazioni, formulazioni e prodotti che sottolineano le peculiarità di ogni occhio, bocca o incarnato.
Pulizia domestica
Il bicarbonato di sodio si può usare anche in casa per compiere numerose azioni di pulizia quotidiana. E’ possibile scegliere formulazioni in purezza oppure detergenti già pronti che contengano una percentuale di questa sostanza.
Il bicarbonato di sodio si può usare anche per:
Assorbire ed eliminare gli odori dalle posate, dai piatti o dal frigorifero
Pulire una pentola dal fondo bruciato
Per ridurre la durezza dell’acqua di lavaggio della lavatrice
Come antiruggine, a patto che mescolarlo con una sostanza acida come l’acido citrico o l’aceto
Per sbiancare le superfici dure e resistenti come la ceramica
Il grado di purezza è sempre esplicitato sulla confezione. Generalmente, il bicarbonato più puro viene impiegato in campo farmaceutico e sanitario, per controllare meglio le possibilità reazioni chimiche durante la produzione.
Online, in negozi specializzati o al supermercato si trova un bicarbonato addizionato con altre sostanze dall’azione conservante che lo preservano dall’umidità e dalla proliferazioni di germi, ugualmente sicuro ed efficace per tutte le operazioni di pulizia, per la casa, per la bellezza e per preparare pane e prodotti di pasticceria: basta leggere con cura l’etichetta e seguire i suggerimenti d’uso indicati sulla confezione.
Tutti adorano avere una casa pulita, igienizzata e al 100% naturale: per esaudire questo desiderio dovete assolutamente iniziare ad utilizzare il carbonato di sodio.
Si tratta di un elemento estremamente duttile, utilizzato per detergere, scrostare e igienizzare la maggior parte degli elettrodomestici e superfici e grazie alle sue proprietà e caratteristiche è riconosciuto con un prodotto green ed estremamente economico.
Per avere risultati apprezzabili consigliamo sempre di utilizzare il carbonato di sodio con una purezza superiore al 99% e di abbinarlo assieme all’acqua calda per garantire un pulito impeccabile
La proprietà che rende il carbonato di sodio un elemento così usato per la pulizia della casa è la sua alcalinità, cioè la sua proprietà estremamente corrosiva con lo sporco e più gentile verso le superfici meno delicate.
Questo potere sgrassante, permette di pulire moltissime superfici della casa, senza lasciare alcun tipo di segno e soprattutto è un ottimo elemento per eliminare i cattivi odori che si possono creare in cucina, soprattutto se si è soliti trattare alimenti come il pesce.
Essendo un elemento reperibile anche in natura, che non contiene tensioattivi, fosforo e coloranti, il carbonato di sodio non produce schiuma nel suo utilizzo.
È quindi utilissimo quando si devono pulire le stoviglie durante una scampagnata in mezzo al bosco o quando ci si trova in campeggio e si deve prestare attenzione a cosa si rischia di spargere nell’ambiente.
Come pulire la cucina con il carbonato di sodio
Grazie a tutte queste fantastiche qualità naturali e sgrassanti il carbonato di sodio è ottimo per la pulizia della cucina e dei fornelli senza lasciare alcun alone.
Come detto l’utilizzo corretto è quello con un elemento puro abbinato ad un altro agente, come ad esempio l’acqua calda con cui le qualità del carbonato vengono esaltate nell’atto della pulizia delle superfici.
Questo prodotto molto facile da preparare, utilizzare e sciacquare permetterà di ottenere risultati eccellenti su molti tipi di superfici, facendo attenzione solamente a quelle leggermente più delicate per via della forza corrosiva che a lungo andare potrebbe rovinare alcuni elementi della nostra cucina.
Piano cottura
Per quanto riguarda le incrostazioni più ostinate, il grasso seccato e l’unto ancora fresco si consiglia di utilizzare una spugna imbevuta con acqua calda miscelata con carbonato di sodio.
Nel caso lo sporco si presenti più ostinato del previsto, si consiglia di lasciare il carbonato di sodio agire sulla superficie per qualche minuto prima di grattare e sciacquare con l’acqua calda e la spugnetta.
Cappa della cucina
La maggior parte delle case moderne si caratterizzano per avere il living e la cucina presenti all’interno dello stesso ambiente.
Questa soluzione salvaspazio e molto bella da vedere però può rivelarsi scomoda per quanto riguarda gli odori.
Senza una cappa pulita e ben funzionante gli odori della cucina rischiano di diffondersi per tutta la casa e creare delle situazioni spiacevoli per gli inquilini.
Per ovviare questo problema si consiglia una volta al mese di pulire la propria cappa con una miscela fatta di carbonato di sodio, acqua calda e una spugnetta.
Forno e forno a microonde
Per quanto riguarda la pulizia del forno e del forno a microonde si consiglia di procedere sempre con il metodo della spugnetta imbevuta di acqua calda e carbonato di sodio.
Nel caso di sporco ostinato si può usare un vecchio metodo che forse utilizzavano le vostre nonne per pulire questa tipologia di superfici.
Prendete un asciugamento totalmente imbevuto di acqua calda e carbonato di sodio, mettetelo all’interno del forno o nel forno a microonde caldi e lasciate agire per circa 30 minuti.
Dopo aver lasciato in posa lavate e sciacquate tutto con una spugnetta.
Stoviglie, piastrelle, elettrodomestici
Utilizzando sempre il metodo della spugnetta imbevuta in acqua calda con il carbonato di sodio strofinate queste superfici e prestate attenzione a non bagnare eventuali cavi e fili elettrici.
Le dosi utilizzate fra l’acqua calda e il carbonato di sodio dipende sempre da quanto lo sporco e il grasso sono ostinati.
Si consiglia sempre di utilizzare 2 cucchiai di carbonato di sodio all’interno di un litro d’acqua e, se si ritiene opportuno, si potranno aumentare o diminuire le dosi in base alle necessità.
Con il tempo le dosi da utilizzare saranno molto più semplici da utilizzare una volta preso confidenza con questo metodo di pulitura della cucina.
Il forno è uno degli elettrodomestici più utilizzati in cucina, ma spesso viene trascurato quando si tratta di pulizia e in pochi sanno veramente come pulire il forno incrostato come i professionisti. Una corretta pulizia del forno non solo migliora l’igiene della cucina, ma può anche prolungare la durata dell’elettrodomestico. In questo articolo, vi mostreremo come pulire il forno in modo efficiente e semplice.
Cosa sapere prima di Iniziare a Pulire il Forno
Prima di iniziare a pulire il forno, assicurati di avere i seguenti strumenti e prodotti a portata di mano:
Eccoci al punto più importante: cosa fare esattamente per pulire il forno dalle incrostazioni. Prendiamo per esempio il caso peggiore, cioè quello di un forno molto sporco e unto.
Puoi trattare inizialmente con il vapore per ammorbidire lo sporco. Puoi usare un apparecchio a vapore, oppure riempire un contenitore d’acqua bollente e lasciarlo nel forno caldo e acceso per circa mezz’ora. Scegli ovviamente contenitori in materiale sicuro: metallo o vetro per il forno tradizionale, plastica specifica o vetro per il forno a microonde. Dopo mezz’ora spegni il forno, non aprirlo e fallo raffreddare per un’ora.
Usa uno strumento abrasivo come una spugna o una paglietta di ottone. Attenzione al rivestimento interno: se è vero che il vetro è la parte meno delicata e non corri grossi rischi di graffiarlo, il rivestimento smaltato può danneggiarsi se gli strumenti abrasivi vengono usati con troppo vigore.
Usa un panno o una spugna asciutta per togliere i residui più grossolani. Poi, usane uno bagnato per eliminare anche le tracce più piccole e per risciacquare attentamente. Infine asciuga le componenti e il forno e rimonta le griglie e le teglie.
Se invece il tuo forno è molto sporco di cibo, segui questi ulteriori passaggi per rimuovere lo sporco:
Raffredda il forno completamente
Rimuovi i residui di cibo utilizzando un raschietto per forno.
Pulisci il forno con una spugna o un panno in microfibra, focalizzandoti sulle aree più sporche.
Rimuovi il detergente per forni con acqua e una spugna o un panno in microfibra.
Asciuga il forno con un panno asciutto.
Se lo sporco è particolarmente ostinato, potrebbe essere necessario ripetere il processo di pulizia più volte.
Come Pulire il Forno con la modalità dell’autocleaning
Se il tuo forno ha una funzione di autocleaning, segui questi passaggi per autoclean il tuo forno:
Leggi le istruzioni del produttore per capire come funziona la funzione di autoclean.
Rimuovi tutti gli accessori dal forno.
Avvia la funzione di autoclean con il tempo di pulizia raccomandato dal produttore.
Lascia raffreddare il forno dopo che l’autoclean è terminato.
Pulisci gli eventuali residui del pulizia rimanenti utilizzando un detergente per forni, una spugna o un panno in microfibra.
Cosa succede al forno se si trascura la pulizia
Il forno trascurato incontra una lunga serie di problematiche, alcune facilmente risolvibili e alcune più serie. Vediamo le principali:
Il vetro sporco non farà vedere la pietanza in preparazione: potrebbe bruciarsi o cuocere in modo poco omogeneo, perché non potrete sorvegliarla adeguatamente
Se lo sporco si accumula sugli elementi riscaldanti, come la serpentina, la cottura sarà disomogenea e insufficiente, o richiederà davvero molto tempo
Lo sporco carbonizzato può conferire un sapore e un odore di bruciato al cibo
Le particelle di sporcizia ricadranno inevitabilmente sul cibo, contaminandolo
Ogni quanto pulire il forno
Se usi spesso il forno ti consigliamo di pulirlo a fondo non meno di una volta al mese.
Se lo usi sporadicamente e prevalentemente per riscaldare le pietanze piuttosto che per cuocerne di grasse, può andare bene una pulizia accurata ogni tre mesi.
Rimandare troppo la pulizia rischia di far accumulare la sporcizia in strati, decisamente più difficili da rimuovere e che richiederanno più fatica, più tempo e detergenti più aggressivi.
Naturale o sintetico? Quale detergente scegliere per il forno.
I detergenti naturali sono ovviamente i nostri preferiti. Qui trovi il miglior detersivo per la pulizia del forno incrostato.
Succo di limone e aceto, con la loro acidità, sciolgono efficacemente la sporcizia e il grasso, sebbene con un tempo di posa piuttosto lungo. Hanno anche il vantaggio di essere molto economici, facilmente reperibili e di non creare contaminazione chimica sul cibo.
Di contro, però, una sporcizia davvero molto ostinata e incrostata, per esempio per una trascuratezza nella pulizia periodica, potrebbe aver bisogno di un detergente specifico.
La capacità pulente dei detergenti è assicurata dalla quota di tensioattivi presenti (le sostanze che permettono ai saponi di schiumare).
Il tempo di posa è decisamente più breve: possono bastare tra i 5 ei 30 minuti, a seconda del livello di incrostazione dello sporco.
Hanno quindi un’azione più veloce ma portano con se alcune contro indicazioni innegabili: il tempo risparmiato va infatti utilizzato in seguito per eseguire un risciacquo attento delle superfici, in quanto i residui potrebbero vaporizzarsi nel forno nei successivi utilizzi andando ad alterare il sapore delle pietanze, oltre che ad essere comunque particelle pericolose per l’organismo umano.
Una pasta “fai da te” per la pulizia del forno
Un forno incrostato di sporcizia può venire pulito efficacemente con un impasto naturale, facilissimo da creare. Ti servirà solo una base acida (succo di limone o aceto) e di bicarbonato. Crea un impasto omogeneo e liscio e lascialo agire sulla superficie del forno per almeno 5-6 ore prima di risciacquare.
Ma per sapere esattamente come pulire un forno da macchie ed incrostazioni continua a leggere!
Conclusioni
Pulire il forno non deve essere una sfida. Con i giusti strumenti e prodotti per la pulizia e seguendo le istruzioni del produttore, puoi rimuovere lo sporco e gli odori dal tuo forno in pochi semplici passaggi. Assicurati di pulire regolarmente il tuo forno per prolungarne la durata e migliorare l’igiene nella tua cucina.
Cosa succede se non sai come pulire il forno? Potresti avere un build-up di sporco e grasso che potrebbero influire sulla qualità dei tuoi piatti e persino causare danni alla tua attrezzatura. Inoltre, potrebbe esserci un odore sgradevole e potrebbe essere necessario sostituire il forno prima del previsto.
Che aspetti? Inizia a pulire il tuo forno oggi per una cucina più efficiente e igienica.
1 strano metodo per rimuovere più sporco dal tuo forno mentre ti prendi cura della tua famiglia tenendo pulita l’aria che respiri in casa ed evitando detersivi che ti rovinano le mani.
In questo articolo scoprirai come pulire i vetri del forno con rimedi naturali e senza rischi per la tua salute.
I vetri del forno sono la parte dell’elettrodomestico che si sporcherà più facilmente e che sarà più visibile, per via della sua trasparenza.
Ecco tutti i nostri consigli per pulirlo efficacemente, per avere sempre a disposizione un forno igienico e sicuro!
Ogni quanto pulire i vetri del forno
Il vetro del forno andrebbe pulito non meno di una volta al mese, se lo usi spesso; una volta ogni tre andrà bene invece se lo usi poco o se di solito non prepari alimenti che tendano a creare schizzi e macchie.
La sporcizia tende ad accumularsi sul vetro creando aloni giallastri, sgradevoli alla vista, che ostruiscono la visuale sugli alimenti in cottura e decisamente poco igienici. Aspettare più tempo di quello che suggeriamo per la pulizia del vetro del forno rischia di far incrostare la sporcizia, rendendo più faticosa e difficile la sua eliminazione.
I prodotti, naturali e non per pulire i vetri del forno
Per eliminare le tracce di unto e sporcizia dal forno puoi scegliere tra trattamenti chimici, trattamenti naturali e prodotti chimici o naturali. Vediamo subito le varie opzioni a disposizione.
Pretrattare con il vapore o con uno strumento abrasivo
Il vapore permette di ammorbidire le incrostazioni e di rendere più facile la loro eliminazione. Puoi ottenere lo stesso effetto sia con un elettrodomestico specifico, che emette vapore ad alta temperatura, sia con un contenitore pieno d’acqua bollente lasciato per mezz’ora nel forno ben caldo.
Se devi pulire il vetro di un forno a microonde assicurati di non usare contenitori in metallo; se l’oggetto della pulizia è un forno tradizionale usa pentole in metallo senza parti in plastica o gomma o contenitori in vetro o alluminio.
Uno strumento abrasivo può permetterti di dare una prima passata per eliminare le macchie più grossolane prima di usare il detergente. Puoi strofinare il vetro del forno con:
Sale grosso e un panno asciutto
Una paglietta abrasiva per la pulizia di piatti e pentole
Una spugna con una parte più ruvida
Il vetro è la parte meno delicata del forno: se per il rivestimento è meglio evitare gli strumenti più abrasivi, questa accortezza può allentarsi leggermente per la pulizia del vetro.
Ti consigliamo in ogni caso di evitare accuratamente lamette e altri strumenti affilati, che potrebbero graffiare irrimediabilmente il vetro del forno.
Detergenti chimici e naturali per pulire i vetri del forno
I detergenti chimici più utilizzati sono quelli a basi di ampie quantità di tensioattivi. Sono molto facili da usare perché di solito non richiedono né diluizione né lunghi tempi di posa.
Basta spruzzarli sul vetro, lasciato aperto perché non colino all’interno del forno, e lasciarli agire per qualche minuto (tra 5 e 30 a seconda del livello di sporcizia accumulata). Poi puoi utilizzare una spugna, una paglietta o un panno asciutto per strofinare ed eliminare le macchie incrostate.
Puoi ripetere il trattamento se le macchie fossero particolarmente ostinate.
Dopo la pulizia non dimenticare di risciacquare attentamente il vetro del forno con una spugna pulita e acqua calda.
Poi asciuga attentamente la superficie, per evitare che residui di detergente finiscano all’interno del forno e contaminino il cibo.
I detergenti naturali possono ottenere effetti simili, sebbene spesso serva più tempo per agire. Puoi usare una base acida (succo di limone o aceto) mescolata con bicarbonato, fino a creare una pasta della consistenza dello yogurt.
Applicata l’impasto sul vetro con una spazzola, un pennello pulito o una spugna asciutta e lascialo agire per non meno di 5-6 ore.
Successivamente procedi a strofinare e risciacquare come per i detergenti classici. Sebbene il rischio di contaminazione sia minore, perché aceto, limone e bicarbonato sono prodotti commestibili, è sempre meglio accertarsi di aver ben risciacquato e asciugato la superficie prima di chiudere il forno ed utilizzarlo per cucinare.
I moderni ferri da stiro sono costruiti con tecniche e materiali che permettono allo strumento di rimanere inalterato per migliaia di utilizzi e molti anni di attività. Se una grossa parte del lavoro viene fatta dai produttori, però, dobbiamo occuparci regolarmente della manutenzione e della pulizia del ferro da stiro.
Ecco quali sono i più frequenti guasti dei ferri da stiro e quali sono le cause!
La piastra è graffiata
La piastra del ferro si graffia quando non facciamo attenzione ad aggirare le componenti metalliche e rigide degli abiti (zip, bottoni in metallo, cursori, gancetti, eccetera).
Una piastra graffiata non comporta grandi problemi per l’utilizzo: forse in corrispondenza del segno la stiratura potrebbe essere leggermente meno precisa, ma ripassando il ferro sulla stessa area il problema sarà risolto.
Questo danno è prevalentemente di natura estetica; purtroppo non esistono soluzioni fai-da-te, ma solo la sostituzione tramite un CAT o il produttore.
Attenzione però: graffi più profondi potrebbero avere delle pareti leggermente affilate o comunque dare vita ad una superficie irregolare che nei casi più gravi può comportare anche lo strappo di alcuni tessuti, soprattutto di quelli più delicati.
In generale quindi una piastra graffiata è un problema da risolvere.
La piastra è sporca o lascia delle macchie sugli abiti
La piastra del ferro è ovviamente esposta al contatto con i tessuti, con la polvere e con i residui di vapore prodotti dal ferro.
Se questa sporcizia non viene eliminata rapidamente si ossida e può trasferirsi dalla piastra ai tessuti, lasciando brutte macchie.
Ecco cosa è possibile fare per pulirla:
Usare un detergente specifico, con PH acido, che elimina i residui
Usare una soluzione di acqua e limone e acqua e aceto, strofinando energicamente con un panno umido e poi pulendo e asciugando la piastra successivamente
Usare una pasta composta da bicarbonato e acqua, lasciata agire qualche minuto sulla piastra prima di eliminare i residui con un panno
Usare un cotton fioc intinto in aceto o limone per pulire i singoli fori di emissione del vapore
L’emissione di vapore dalla piastra è incostante o debole
La causa più frequente di questo malfunzionamento è il calcare, che si accumula in tutte le componenti esposte al contatto con l’acqua.
Per prima cosa pulisci la piastra e i singoli fori con un cotton fioc. Non temere di strofinare con troppa energia: l’acciaio non è facile da scalfire.
Per precauzione utilizza un panno morbido e, ovviamente, disconnetti il ferro dalla presa di corrente e attendi si sia raffreddato.
Se questo non dovesse essere sufficiente è probabile che il calcare si sia accumulato nel serbatoio o nella caldaia. Ecco cosa puoi fare:
Usare delle compresse di detergente acido: lasciate nell’acqua del serbatoio o della caldaia rendono l’ambiente sfavorevole alla formazione del calcare
Effettuare un lavaggio profondo con una sostanza acida. Mescola 50% di acqua calda e 50% di succo di limone o aceto. Riempi il serbatoio, imposta la modalità “vapore” e fai riscaldare bene il ferro. Dopodichè premi l’erogatore del vapore per circa 30/50 secondi. Ripeti l’operazione fino a 10 volte, o finché il vapore non esce liberamente.
Se usi acqua distillata o demineralizzata per il ferro, questo lavaggio approfondito sarà necessario solamente una volta ogni 5-6 mesi.
Il ferro da stiro non va a temperatura e non scalda
Abbiamo visto come il funzionamento sia strettamente legato al calore e al vapore generato.
Può succedere che nonostante manutenzione e pulizia il ferro possa non arrivare alla giusta temperatura e che quindi la caldaia non scaldi abbastanza per trasformare l’acqua in vapore utile a stirare i capi.
In questo caso le componenti interessate potrebbero essere:
Termostato: nel caso dei ferri a caldaia il termostato regola la temperatura e se questo risulta guasto le regolazioni non avvengono più regolarmente. Infatti se questa parte del sistema risulta guasta un sistema di sicurezza impedisce semplicemente di raggiungere la temperatura per l’evaporazione.
Resistenza: quando ci si trova nella situazione in cui la piastra non scalda il guasto potrebbe derivare più che dalla piastra stessa proprio dalla resistenza deputata scaldarla.
Alimentazione: infine la cosa più ovvia. n guasto al sistema di alimentazione non permette l’assorbimento dell’energia necessaria per scaldare il ferro da stiro. In questo caso potrebbe essere il sistema di alimentazione interno del sistema stirante ama anche banalmente la spina della corrente.
A meno che tu non abbia scelto un modello di ferro da stiro a secco, che non richiede acqua per funzionare, avrai bisogno di scegliere il giusto prodotto per il tuo bucato.
La combinazione di ferro e acqua è infatti fondamentale: un perfetto risultato sul bucato dipenderà in parte anche da questa scelta.
Mettiamo a confronto le diverse possibilità!
Ma prima voglio svelarti alcuni trucchetti per pulire casa in modo sano, naturale, facile e veloce:
Pulire casa in modo sano e naturale non è mai stato così facile!
Con questa guida scoprirai 35 modi creativi per risolvere e problemi di pulito in casa senza detersivi
Acqua del rubinetto
L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore per i ferri da stiro.
Generalmente contiene molto calcare, una sostanza solida in essa disciolta, costituita da minerali (prevalentemente carbonato di calcio).
Il suo accumularsi nei sistemi del ferro da stiro e degli altri elettrodomestici causa frequenti malfunzionamenti e senza una pulizia rigorosa rischia di danneggiare lo strumento in pochissimi utilizzi.
Esistono molte possibilità per la pulizia di un ferro a vapore incrostato dal calcare, ma la scelta dell’acqua di rubinetto dovrebbe essere in partenza evitata, se non in sporadici casi di emergenza.
Acqua imbottigliata
Anche l’acqua imbottigliata non è una buona scelta.
Per la salute degli esseri umani i minerali contenuti nell’acqua sono fondamentali: ci fanno rimanere idratati e il loro corretto bilancio assicura il benessere e il funzionamento di tutti gli organi.
Per il ferro da stiro è invece troppo ricca di questi minerali: il suo utilizzo potrebbe far accumulare residui nel serbatoio o nella caldaia, difficili da pulire e che rischiano di danneggiare la resistenza, le condutture e la piastra.
Acqua addolcita da sistemi domestici
Forse in casa hai installato, al rubinetto, un addolcitore, cioè un filtro che trattiene parte del calcare.
Certamente questa soluzione è leggermente migliore dell’acqua di rubinetto semplice o di quella imbottigliata, ma ancora non è sufficiente.
Se devi o vuoi usarla, fai in modo che sia un utilizzo sporadico oppure mescolala con acqua distillata (50/50 è una proporzione perfetta).
Acqua distillata o demineralizzata
L’acqua distillata -o demineralizzata- è in assoluto la più consigliata per il ferro da stiro.
Prima della vendita subisce particolari lavorazioni e filtraggi che eliminano quasi il 100% dei minerali. In questo modo non si depositeranno nel ferro da stiro.
Attenzione però: questo tipo di acqua è pensata specificatamente per utilizzi di questo tipo e non per l’utilizzo umano.
Pertanto non è consigliabile bere questo tipo di acqua che non apporterebbe la giusta quantità di sali minerali necessari alla salute del corpo sia di esseri umani che di animali.
Un’alternativa all’acqua distillata
In casa si possono trovare delle alternative valide all’acquisto di acqua distillata.
Condizionatori e deumidificatori ad esempio producono condensa, in quantità maggiori o minori a seconda della temperatura esterna all’ambiente e al tasso di umidità presente.
Il sistema del condizionatore replica, per certi aspetti, quello dei sistemi industriali per la produzione di acqua distillata. La condensa che esce dall’apparecchio può essere raccolta e utilizzata per il ferro da stiro.
Certamente non si tratterà di acqua distillata con la stessa percentuale di purezza di quella acquistata, ma per un uso di emergenza è indubbiamente una soluzione perfetta.
Nemmeno quest’acqua è adatta al consumo umano o degli animali: non berla.
Diverso il discorso per l’acqua piovana che non è consigliabile per l’utilizzo in un ferro da stiro. le particelle in essa contenute potrebbero danneggiare i sistemi di funzionamento del ferro.
È possibile comunque eseguire una distillazione dell’acqua in modalità fai da te con gli strumenti che si hanno normalmente a casa: per fare questo è necessario però ottenere un piccolo sistema di condensazione eseguibile con una pentola capiente riempita per tra quarti d’acqua, al cui interno posizionare una ciotola.
Ponendo il coperchio alla pentola grande con adagiato del ghiaccio sopra, il riscaldamento interno e il conseguente vapore sprigionato a contatto con la parete fredda del coperchio produrrà della condensa che verrà raccolta dalla ciotola.
È comunque un sistema abbastanza laborioso e che può comportare dei rischi per via delle elevate temperature che raggiunge all’interno della pentola principale.
Ad ogni tipologia di ferro da stiro è assegnato uno specifico rituale di pulizia, specialmente dal calcare, il grande nemico di questi strumenti.
Abbiamo diviso le più utilizzate tipologie di ferro in categorie: ti vogliamo dare tutti i suggerimenti per una pulizia efficace e funzionale delle sue componenti!
Ferro da stiro a vapore
Il ferro a vapore è ideale per chi intende usarlo per piccole quantità di bucato.
Ha a disposizione un piccolo serbatoio integrato, che scalda l’acqua e la trasforma in vapore. Richiede frequenti rabbocchi.
La pulizia e la manutenzione in questo tipo di ferro, come in tutti quelli che sviluppano vapore, è fondamentale soprattutto ai fini di impedire formazione di calcare.
In questo caso il detto “prevenire è meglio che curare” è azzeccato perché oltre alla pulizia è consigliabile usare acqua distillata priva di sali minerali che causerebbero le calcificazioni.
Come pulirlo
Due sono i principali consigli per la pulizia di questo tipo di ferro da stiro:
Svuotare sempre e asciugare il serbatoio prima di riporlo
Passare un panno umido con una soluzione di acqua e aceto o succo di limone sulla piastra periodicamente per eliminare la sporcizia
Ferro da stiro con caldaia
Da questa tipologia di ferro da stiro nasce il moderno ferro a vapore con serbatoio integrato. La caldaia viene mantenuta a pressione e in temperatura, per un afflusso costante di vapore alla piastra.
Si tratta dello strumento ideale per chi stiro quotidianamente ampie quantità di panni puliti, viene infatti impiegato nelle attività commerciali.
Come pulirlo
Maggiore attenzione, nel caso di un ferro con caldaia, va prestata alla pulizia del serbatoio.
Oltre a svuotarlo e asciugarlo al termine di ogni uso può essere preparato un lavaggio disincrostante con acqua e una sostanza acida (aceto, succo di limone e un detergente specifico suggerito dal produttore).
Si lascia nel serbatoio per alcuni minuti, poi si risciacqua e asciuga. L’acidità scioglie il calcare e i residui di sporcizia.
Ferro da stiro a secco
Il ferro a secco non produce vapore: per il suo utilizzo è necessario inumidire leggermente i panni (per esempio stirandoli quando non sono ancora del tutto asciutti, oppure con uno spray riempito d’acqua).
Come pulirlo
Non interagendo con l’acqua è raro che i ferri a secco sviluppino calcare. In questo caso basterà pulire bene la piastra dalla sporcizia. Si possono usare:
Detergenti appositi
Stick all’ammoniaca
Sapone per le stoviglie
Una pasta di acqua e bicarbonato
Strofinando energicamente con un panno asciutto si eliminerà la sporcizia, spesso responsabile di macchie sui tessuti.
Ferro da viaggio
Il ferro da stiro da viaggio è generalmente un ferro a vapore, ma di piccole dimensioni e molto maneggevole. Risente degli stessi problemi del ferro a vapore tradizionale; per prevenirli è bene usare acqua distillata, anziché acqua di rubinetto.
Esistono anche modelli a secco per i ferri da viaggio, quindi in questo caso molta più attenzione sarà da prestare allo stato della sporcizia depositatasi sulla piastra.
La pulizia avviene con le stesse accortezze, e come abbiamo visto per non sbagliare è buona norma tenere una piastra pulita in tutte le sue parti.
Ferro da stiro di tipo verticale
Anche il ferro da stiro verticale fa parte della categoria dei ferri a vapore. Ha il vantaggio di non richiedere un’asse da stiro o di una superficie piana: basta mettere l’abito o la camicia su una gruccia, appenderla e passare la piastra sulla stoffa per vedere sparire le pieghe.
Il serbatoio è generalmente di piccole dimensioni, per garantire compattezza allo strumento.
Come pulirlo
Oltre ai metodi già accennati per la pulizia del ferro a vapore tradizionale, è possibile eseguire un lavaggio periodico del serbatoio.
Una sostanza acida, naturale o sintetica, lasciata per qualche minuto al suo interno scioglierà la sporcizia e i residui di calcare, rendendone facile l’eliminazione con acqua e un panno asciutto.
L’acqua ossigenata, o perossido di idrogeno, è una sostanza versatile con moltissime possibilità di impiego molto utili: in particolare, sbiancamento, pulizia delle ferite e trattamenti di colorazione dei capelli.
La sua economicità e versatilità non deve però trarre in inganno: la sostanza è tutt’altro che innocua! Durante l’uso è fondamentale prestare attenzione ai dettagli.
Ecco quali sono i possibili rischi dovuti all’utilizzo dell’acqua ossigenata e le precauzioni da prendere!
Rischi per le stoffe
L’acqua ossigenata ha un fortissimo potere schiarente e sbiancante. Questa peculiarità è utilissima per la pulizia della casa: una soluzione 1:1 di acqua ossigenata a 10 volumi in acqua minerale costituisce un ottimo detergente, molto economico, per la ceramica e il vetro. Inoltre, previene la formazione di muffe, frequenti nell’ambiente caldo-umido del bagno.
Il potere schiarente si esercita anche sui tessuti: quando la usi presta attenzione ai tuoi abiti e ai panni impiegati per pulire.
Rischi per la pelle e le mucose in seguito al contatto con l’acqua ossigenata
Ancor più rischioso è un contatto improprio dell’acqua ossigenata con la pelle sana e le mucose.
Se da un lato l’acqua ossigenata è un efficace antisettico per le ferite e le escoriazioni, dall’altro non deve mai entrare in contatto con la pelle sana, gli occhi, le labbra o la bocca, il naso e i genitali.
Per un’applicazione più precisa usa dei bastoncini cotonati monouso: ti permetteranno di pulire le ferite in profondità senza toccare la pelle sana, che in caso contrario svilupperebbe un’irritazione rossa e dolente.
Durante le pulizie di casa, se usi l’acqua ossigenata, arieggia bene i locali ed evita di inalare i vapori: occhi, naso e gola potrebbero infiammarsi ed irritarsi.
Rischi dal parrucchiere
Uno degli usi più famosi del perossido di idrogeno, in crema anziché soluzione acquosa, è la colorazione o decolorazione dei capelli. L’ossigeno contenuto nel preparato solleva le squame dei capelli e permette al colore di fissarsi sotto di esse, resistendo più efficacemente ai lavaggi.
Il parrucchiere farà sempre attenzione, durante l’uso, a:
Non applicare il composto sulla pelle: ad elevate concentrazioni e con il necessario tempo di posa il perossido può causare irritazione, prurito, forfora e piccole ustioni chimiche.
Non lasciare in posa per troppo tempo il colore: ad un minor tempo di posa corrispondono rischi di danni minori.
A risciacquare accuratamente il colore e ad applicare un prodotto ristrutturante per ricostituire i capelli, inevitabilmente danneggiati dal trattamento.
Non inalare il composto durante l’applicazione.
Se desideri un cambiamento radicale per la tua chioma ti suggeriamo di affidarti ad un professionista competente: minori rischi per la salute, gli oggetti e i capelli, effetto più duraturo e luminoso!
Il dentista o l’igienista dentale possono usare prodotti professionali a base di perossido per sbiancare i denti ed eliminare le macchie dovute alle bevande o al fumo. Il trattamento viene eseguito in sicurezza per il paziente e il medico grazie a protocolli, prodotti e strumenti studiati specificamente per questo scopo.
Usare l’acqua ossigenata per la pulizia, il trattamento delle ferite o dei capelli sui denti è pericoloso per la salute! A pagare il prezzo maggiore sono lo smalto dei denti, lingua e palato. In caso di ingestione, anche accidentale, possono verificarsi i seguenti problemi anche gravi:
Ulcerazioni ed ustioni chimiche del cavo orale, della gola e dell’esofago
Bruciore di stomaco e sviluppo di ulcere gastriche
Diarrea
Ad elevate quantità, un avvelenamento letale
Come vedi gli usi dell’acqua ossigenata sono moltissimi e pratici nella vita quotidiana: ma altrettanti sono i rischi. Segui sempre le istruzioni del medico, del dentista, del parrucchiere e riportate sulla confezione di prodotto acquistato!
L’acqua ossigenata è un efficace sbiancante, schiarente e disinfettante. Proprio in virtù di queste capacità viene utilizzata quotidianamente da parrucchieri, dermatologi e dentisti per i trattamenti su clienti e pazienti!
Vediamo come!
Colorazione e decolorazione dei capelli
L’uso più classico del perossido di idrogeno è per la colorazione e decolorazione dei capelli. Il parrucchiere miscela colore o polvere decolorante al perossido, in varie concentrazioni:
3-5 volumi per un effetto delicato o sui capelli sottili, fragili, biondi
10 volumi per un effetto leggermente più intenso e se non è necessario coprire capelli bianchi
20 volumi per un effetto medio o per coprire i capelli bianchi
30 volumi per un effetto forte, anche su molti capelli bianchi o sui capelli naturalmente spessi o neri
Le due sostanze permettono alle squame del capello di sollevarsi e di far passare il colore (che si fisserà alla chioma) o al decolorante di agire per sciogliere il tono non più gradito.
La decolorazione può riguardare anche i peli: in commercio esistono preparazioni schiarenti che consentono di mascherare i peli superflui rendendoli quasi bianchi e meno visibili.
Al termine del trattamento (generalmente di 30/40 minuti di durata, ma molto dipende dall’effetto desiderato e dalla qualità e forza dei capelli) è fondamentale eseguire un risciacquo approfondito, che elimini ogni traccia di mix, e l’uso di un ricostituente per ridonare morbidezza ed elasticità ai capelli provati dall’operazione.
Considerando che il perossido di idrogeno può causare irritazioni della cute e secchezza dei capelli, è sempre bene rivolgersi ad un parrucchiere esperto se si desidera cambiare colore, per evitare di danneggiare la pelle e la chioma.
Trattamenti dermatologici contro l’acne e le macchie
Le proprietà disinfettanti dell’acqua ossigenata possono venire sfruttate dal dermatologo per la cura dell’acne. L’acne è causata infatti da batteri, depositati nei pori e sulla pelle: l’acqua ossigenata denatura le proteine e impedisce la replicazione dei patogeni. Solamente il medico può prescrivere una cura con questo prodotto: segui sempre le sue istruzioni, acquista i prodotti suggeriti e non tentare il fai-da-te! Sulla pelle sana l’acqua ossigenata può causare macchie bianche, irritazioni ed escoriazioni dolorose.
Il potere schiarente dell’acqua ossigenata può venire impiegato, da dermatologo o medico estetico, per trattare macchie della pelle dovute a:
Cattiva ed eccessiva esposizione al sole
Sbalzi ormonali, per esempio durante o dopo la gravidanza
Cicatrici in fase di rimarginazione
Anche in questo caso è fondamentale rivolgersi ad un professionista competente che ti indicherà se il trattamento è appropriato per le tue esigenze e che, nel caso di valutazione positiva, lo eseguirà in totale sicurezza e dandoti le istruzioni per la cura successiva e il mantenimento degli effetti benefici.
Dal dentista
Uno dei possibili trattamenti di sbiancamento dei denti può essere effettuato con il perossido di idrogeno per uso dentistico. Non si può usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per la detersione delle ferite: il rischio è di causarsi ustioni, ulcere, danni allo smalto.
Lo sbiancamento con perossido prevede:
La cura di eventuali patologie dentistiche responsabili dell’ingiallimento o delle macchie, come gli ascessi o la pulpite
L’adozione di comportamenti più corretti e sani (frequente e corretta igiene orale quotidiana, riduzione delle quantità di tè, caffè, vino rosso, fumo di sigaretta, sostanze che macchiano lo smalto)
L’applicazione di un gel o una pasta al perossido sui denti. Alcuni prodotti vengono attivati da speciali lampade a raggi UV
Lo spazzolamento e la rimozione del gel e delle tracce delle macchie con strumenti appositi usati dal dentista, per eliminare la sporcizia ma lasciando sano ed integro lo smalto che riveste i denti, ora più bianchi e lucidi
Uno dei possibili usi per l’acqua ossigenata è lo sbiancamento dentale. La procedura dovrebbe essere sempre eseguita dal dentista o dall’igienista dentale, che conosce il caso, i prodotti usati e gli strumenti necessari.
Molte persone però credono di poter usare la normale acqua ossigenata per la pulizia delle ferite. Questa procedura è potenzialmente pericolosa per la salute: vediamo perché e facciamo chiarezza!
Perché si usa l’acqua ossigenata per sbiancare i denti?
L’acqua ossigenata, a contatto con le macchie presenti sullo smalto, innesca una reazione per cui le proteine vengono dissolte. Mentre lo smalto rimane intatto, le sostanze organiche di cui sono costituite le macchie vengono distrutte: ecco come mai dopo il trattamento il colore dei denti è più bianco e uniforme.
L’efficacia del trattamento dipende da:
Concentrazione della soluzione usata
Tempo di posa
Tipologia di macchie riscontrate dal dentista o dall’igienista dentale
Per quali macchie l’acqua ossigenata è più efficace?
Le macchie più frequenti che si sviluppano sullo smalto dei denti sono dovute a:
Consumo frequente di cibi e bevande con potere tintorio: caffè, tè e vino rosso sono le più ostinate e difficili da pulire con la normale igiene orale quotidiana
Fumo di sigaretta
Come si esegue il trattamento?
Il dentista procede all’applicazione di una pasta o un gel contenente perossido di idrogeno, in quantità e concentrazione variabile. Alcuni prodotti richiedono l’esposizione ad una speciale lampada a raggi UV per essere efficaci.
Con l’uso dei giusti strumenti, il dentista procede poi a spazzolare e pulire meccanicamente i denti su ogni superficie. La spazzolatura serve ad eliminare sia i residui di gel sbiancante, sia i residui delle macchie rimosse.
Qual è il costo del trattamento?
Ogni studio dentistico applica le tariffe che ritiene più opportune per la professionalità dei trattamenti, ma uno sbiancamento costa indicativamente tra i 150 e i 500 euro.
Perché non posso usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per sbiancare i denti da solo?
A rigor di logica, se la sostanza usata per sbiancare i denti è il perossido di idrogeno si dovrebbe poter usare l’acqua ossigenata venduta comunemente in farmacia per uno sbiancamento fai-da-te.
Questo comportamento è però estremamente pericoloso per la salute. I motivi sono tre, principalmente:
Il dentista sceglie concentrazione di perossido e tempo di posa in base alla resistenza dello smalto e del tipo di macchie: da solo non potrai valutare questi due fattori fondamentali.
Il prodotto usato dal dentista è formulato in modo apposito per non intaccare lo smalto e le mucose. L’acqua ossigenata per la pulizia delle ferite no, invece: potrebbe essere molto aggressiva e causare danneggiamenti dei denti e ustioni o irritazioni alla bocca, dolorose e difficili da curare.
Eseguendo da soli il trattamento è possibile ingerire parte della soluzione. Il perossido di idrogeno è fortemente tossico: può causare dolore allo stomaco, ulcerazioni di bocca, esofago e stomaco e diarrea. Ad elevate concentrazioni può causare un avvelenamento letale.
I miei denti non sono più bianchi: cosa posso fare?
Se hai notato uno scurimento o un ingiallimento dei denti è fondamentale rivolgerti al dentista o all’igienista dentale.
Per prima cosa valuterà le cause del problema: se dovute ad una patologia, come la pulpite, prima di eseguire lo sbiancamento dovrà curare questa condizione. Se invece le macchie sono dovute a comportamenti scorretti (abuso di tè, caffè, fumo o cattiva igiene orale) ti suggerirà di ridurre il consume di queste sostanze e procedure di pulizia più efficaci.
Solo dopo potrete valutare il giusto tipo di sbiancamento dentale: quello con perossido di idrogeno non è l’unico eseguibile! A seconda del tuo caso specifico ti suggerirà il prodotto migliore per te.
Il sapone alla lavanda è uno dei nostri preferiti: il suo profumo inebriante ed intenso è perfetto sia per la pulizia del corpo sotto la doccia o nella vasca, sia per il bucato.
Ti proponiamo due ricette per la creazione del sapone alla lavanda fatto in casa: una davvero facilissima e una un po’ più complicata, riservata agli esperti della saponificazione!
Come fare il sapone alla lavanda partendo da saponette neutre o fiocchi di sapone
Iniziamo con la ricetta facilissima. Ti basterà acquistare dei fiocchi di sapone o delle saponette neutre da sminuzzare con un coltello e avere a disposizione i fiori di lavanda secchi.
Metti in una pentola i fiocchi di sapone o le saponette tritate. Metti la pentola a bagnomaria su un’altra casseruola più grande e piena d’acqua bollente. Mescola spesso il composto perché tutto il sapone si sciolga a dovere.
Quando il sapone è sciolto (attentenzione: è molto caldo!) aggiungi i fiori di lavanda. La quantità dipenderà dalle tue preferenze. Mescola ancora qualche istante e preparati a versare il sapone nello stampo.
Scegli uno stampo che non usi più per il cibo. I migliori sono gli stampi in silicone, dai quali è facile rimuovere la barretta seccata. Versa il sapone nello stampo e lascialo asciugare indisturbato per non meno di un paio di giorni.
Olio e soda: come fare il sapone alla lavanda dagli ingredienti base
Passiamo ora alla ricetta per il sapone alla lavanda per gli esperti. Per prepararla è necessario maneggiare la soda caustica, un prodotto estremamente tossico e pericoloso. Scegli questa strada solamente se conosci la procedura e in un ambiente sicuro e arieggiato!
Ingredienti per fare il sapone alla lavanda
Ti serviranno:
210 ml di olio d’oliva o di olio di girasole
30 gr di soda caustica in fiocchi
65 ml di acqua distillata
olio essenziale di lavanda
fiori di lavanda secchi
uno stampo che non userete più per il cibo. L’unica accortezza è che non sia in alluminio
occhiali antinfortunistici per prevenire il contatto dei vapori di soda con gli occhi
guanti in gomma spessi
frusta (da dedicare solamente alla saponificazione)
casseruola ampia
contenitore o ciotola in vetro (da dedicare solamente alla saponificazione)
cucchiaio di legno (da dedicare solamente alla saponificazione)
Il procedimento per fare il sapone alla lavanda
Il procedimento una volta reperito tutto il necessario è il seguente, con dei passi precisi da fare uno dopo l’altro:
Poni nello stampo alcuni fiori di lavanda: saranno visibili all’esterno dopo aver sformato le barrette.
Indossa i guanti e gli occhiali. Metti la soda nel contenitore in vetro.
Aggiungi l’acqua distillata. La soda si scalderà molto, schizzerà e produrrà vapori tossici. Non respirarli e lascia ben aperte le finestre, o se puoi lavora all’aperto!
Lascia raffreddare completamente la soda con acqua all’aperto.
Scalda l’olio in una pentola: dovrà arrivare a circa 40 gradi. Senza che si raffreddi aggiungilo a filo alla soda con acqua, usando la frusta per ottenere un composto denso, di consistenza gelatinosa. In questa fase è fondamentale fare attenzione sia al calore che ai vapori.
Aggiungi tra le 20 e le 30 gocce di olio essenziale di lavanda e i fiori. Mescola accuratamente.
Versa il gel negli stampi. Copri con un panno spesso per evitare che il calore si disperda troppo velocemente. Non girare, muovere o scoprire lo stampo per 24 ore.
Rimuovi le barrette dallo stampo e fallo indurire per circa due mesi al buio e all’asciutto. Il sapone deve poter maturare per seccarsi completamente ed esaurire il suo potere caustico, dovuto alla soda. Attendi sempre questo tempo prima di usarlo su pelle e bucato.
Ecco dunque come puoi preparare un fantastico sapone profumatissimo di lavanda, che farà sapere tutte le stanze di questo fiore straordinario!
Se qualche barretta non dovesse venire perfetta ti consigliamo di coprirla con un sacchetto di cotone e di usarla per profumare i cassetti, gli armadi o gli ambienti: nonostante l’aspetto impreciso il profumo sarà intenso e intatto!
Il caffè è una bevanda che non manca mai nelle case degli italiani, da nord a sud ogni famiglia degusta il suo caffè preferito. Una tazza di caffè lungo o ristretto, dolce, amaro o con senza il latte, non importa. Ciò che importa è che accompagni dalla mattina appena svegli le nostre giornate.
Non c’è niente di peggio però quando il nostro caffè si rovescia sul divano o sui nostri vestiti, macchiando i tessuti e le nostre giornate indaffarate!
Pulire e rimuovere completamente una macchia di caffè è un’operazione relativamente semplice se sai come fare. Noi di Verdevero in questo articolo ti consigliamo dei pratici rimedi naturali per togliere le macchie di caffè che esse siano presenti su un capo di cotone o sui jeans, sul tappeto o sul materasso!
Scopriamo insieme le tecniche più efficaci!
Macchie di caffè sul tappeto
Il tappeto vicino al divano dove consumi il caffè è facile che prima o poi diventi bersaglio di una tazzina di caffè caduta accidentalmente.
Quando la macchia è ancora fresca puoi utilizzare un panno in microfibra Verdevero inumidito con un po’ di acqua calda. L’importante è tamponare delicatamente la macchia senza strofinare. Se si agisce rapidamente è possibile eliminare la macchia senza aggiungere altro.
Per rimuovere la macchia di caffè sui jeans, quando questa è ancora fresca, puoi agire preparando un composto con un cucchiaio di aceto bianco unito ad un bicchiere di acqua fredda. Dopo di che applicare la soluzione sulla macchia, sfregando delicatamente con una spugna Evosponge o con un panno.
Quando invece la macchia è particolarmente grande e sedimentata nel tessuto puoi utilizzare il bicarbonato pulente VERDEVERO. Ti basterà un solo cucchiaio da cospargere su un panno multiuso VERDEVERO pulito e bagnato. Strofina delicatamente il panno sulla macchia fin quando non scompare dai tuoi jeans.
Se la macchia persiste dopo aver utilizzato il metodo appena descritto, puoi procedere con un normale lavaggio in lavatrice per avere praticamente la certezza di risolvere il problema.
Macchie di caffè sui pavimenti o mobili in legno
Se la macchia di caffè è ancora fresca verrà via facilmente con un panno multiuso VERDEVERO e un po’ di acqua calda dalla superficie in legno.
Quando invece la macchia è presente già da qualche giorno o più ti consiglio di versare un cucchiaino di aceto sulla macchia e lasciarlo riposare per alcuni minuti. In questo modo i residui di caffè si sciolgono ed eliminarli con un po’ di carta assorbente non è mai stato così facile.
Macchie di caffè sul materasso
Il materasso è un altro punto nevralgico particolarmente attratto dal caffè, soprattutto la domenica mattina quando decidi di consumare una colazione a letto. Per eliminare la macchia di caffè il consiglio è quello di agire velocemente.
A causa dello spessore del materasso, una volta che l’alone penetra in profondità sarà difficile rimuoverlo. Per risolvere il problema puoi provare una soluzione composta da acqua calda, 2 cucchiai grattugiati del nostro sapone naturale Smacchietta, due cucchiai di bicarbonato VERDEVERO e un bicchiere di aceto bianco.
Dopo aver mescolato il tutto applica il composto sulla macchia lasciandolo agire per circa un quarto d’ora aiutandosi con un panno multiuso VERDEVERO.
Questi metodi sono al 100% naturali e permettono di eliminare ogni macchia di caffè che sia fresca o secca. Sul web si legge che anche la candeggina essere un rimedio efficace se applicata direttamente sulla macchia, soprattutto quando si tratti di tessuti di colore bianco come può essere una tovaglia.
Noi di Verdevero tuttavia, sconsigliamo l’uso di prodotti quali la candeggina o smacchiatori chimici, piuttosto perché non provi il nostro metodo per ottenere la candeggina ecologica fatta in casa? Leggi l’articolo dedicato e scopri come creare un’alternativa 100% green.
L’articolo è stato utile? Per qualsiasi necessità e supporto puoi visitare la nostra pagina dedicata all’assistenza https://www.verdevero.it/assistenza/
Per passione e per lavoro mi ritrovo ogni giorno a farmi domande molto scomode:
Le ecodosi, sono davvero ecologiche?
Serve davvero acquistare un detersivo monodose dentro a un involucro in PVA difficilmente biodegradabile?
Totti fa davvero il bucato a casa sua? (Se non lo sai già è il testimonial)
Le ecodosi sono davvero ECO?
E’ l’ultima in particolare che mi sta tormentando da diverse settimane.
E cioè da quando Francesco, indiscusso campione di calcio, ci sta tormentando dalla sua lavanderia con le famose ecodosi della famosa marca di detersivi NON ECOLOGICI.
Ad essere precisi non mi tormenta Totti ma l’argomento in sé.
LE ECODOSI sono dei sacchettini idrosolubili all’interno dei quali si può inserire una dose di detersivo per lavatrice o lavastoviglie.
Certamente sono comode e possono essere toccate con le dita senza sporcarsi e senza entrare in contatto con le sostanze chimiche del detersivo
Non richiedono all’utilizzatore di dosare il prodotto e quindi facilitano l’utilizzo nella vaschetta della macchina.
Ma io mi chiedo spesso:
Ma sono davvero ecologiche le pastiglie di detersivo in ECODOSE?
E a questa domanda mi sono dato 3 facili risposte:
RISPOSTA 1
Le ecodosi non sono ECOLOGICHE perché il PVA non è facilmente biodegradabile.
L’involucro delle pastiglie è composto da PVA, Alcool Polivinilico.
Il PVA si biodegrada del 18% in 28 giorni. Peccato che per definire un ingrediente o un elemento facilmente biodegradabile si dovrebbe degradare del 60% in 28 giorni.
Questo dato mi fa dire che no, le ecodosi non sono ecologiche.
RISPOSTA 2
Le ecodosi non sono ecologiche perché il contenuto delle pastiglie non è ecologico.
Se è vero che all’interno degli involucri in PVA c’è il classico detersivo della nota marca che non è ecologico, allora perché lo stesso detersivo dentro a un involucro non facilmente biodegradabile dovrebbe essere ecologico?
RISPOSTA 3
Perché proprio Totti?
Quanto sono sicure le ECODOSI?
Ma se smettiamo un attimo i panni degli ecologisti e guardiamo a casa nostra allora c’è subito un dato allarmante da considerare: dal 2010 ad oggi sono esponenzialmente aumentate le segnalazioni di danni causati da detersivi all’interno delle nostre case.
Ecco i darti che riporta Corriere.salute:
“al Centro Antiveleni di Milano sono arrivate, dal 2010 al 2016, 2.203 segnalazioni cliniche relativi a incidenti con detersivi monodose per lavatrice, il 90% dei quali relativi a bambini sotto i 5 anni. Nella maggior parte dei casi si trattava di ingestione (82,7%), seguita da lesioni oculari (4,6%) e cutanee (0,8%), quando l’esposizione era singola (88,1%). C’erano poi le situazioni di contatto multiplo (11,9%): ingestione e oculare (5,1%), ingestione, oculare e cute (1,6%), ingestione e cutanea (1,7%), cutanea e oculare (3,3%).”
Le lesioni si verificano perché i bambini trovano questi oggetti colorati molto simili a caramelle e sono invogliati a toccarle.
Giocando e Manipolandole, le capsule si possono rompere spruzzando il detersivo negli occhi dei bambini.
O ancora, rompendosi e colando nelle mani dei bambini, queste rimangono intrise di ingredienti chimici. E i bambini si sa, si portano le mani agli occhi o alla bocca, mangiandosi detersivo.
Sarebbe auspicabile che almeno i produttori si impegnassero a renderle meno attrattive e accattivanti per far si che i bambini che le trovano in casa non ne vengano attratti.
Ma a giudicare da quelle che usa Francesco per ora non è così.
Come pulire il ferro da stiro: tutti i suggerimenti
Come per tutti gli elettrodomestici, un’accurata pulizia del ferro da stiro permette di scongiurare numerosi problemi. Più viene utilizzato, e dunque messo sotto stress, più frequente dovrà essere la manutenzione. I motivi sono essenzialmente due: da un lato si mantiene lo strumento in eccellenti condizioni, con prestazioni sempre elevate; dall’altro si evita la formazione di sporcizia che può causare guasti complessi e costosi da risolvere. Ecco tutti i nostri consigli su come pulire il ferro da stiro!
Il principale nemico della pulizia del ferro da stiro è il calcare
Il calcare è una sostanza presente nell’acqua, specialmente in quella di rubinetto. Costituito da minerali disciolti nell’acqua, specialmente da carbonato di calcio, ha l’aspetto di una polvere biancastra o grigia incrostata su tutti gli oggetti che sono frequentemente a contatto con l’acqua. Gli oggetti e gli elettrodomestici più spesso esposti al calcare sono:
Vetri della doccia
Sanitari, lavandini della cucina e piani di lavoro
Rubinetteria
Bollitori
Caldaie, scaldacqua e boiler
Ferri da stiro
Il ferro da stiro a vapore funziona per via dell’acqua caricata nella caldaia: riscaldata dalla resistenza consente l’emissione di un getto di vapore caldo che contribuisce ad eliminare pieghe e grinze.
L’acqua che ristagna nella caldaia può però causare problemi al ferro, alle sue componenti e dunque al momento dell’utilizzo.
L’acqua è il problema!
Senza acqua il ferro da stiro non funziona, come abbiamo detto. La scelta dell’acqua è vitale per la conservazione dello strumento.
L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore: in molte città italiane il tasso di calcare è elevato e può danneggiare gli elettrodomestici.
Decisamente più sicure per la loro funzionalità sono le acque demineralizzate, vendute esattamente per questo scopo.
L’acqua si dice demineralizzata quando è sottoposta ad un trattamento di bollitura e preparazione che elimina oltre il 99% delle componenti minerali presenti in origine.
E se non voglio acquistare l’acqua demineralizzata?
L’acqua demineralizzata è un prodotto efficacissimo per la conservazione del buono stato del ferro da stiro. Venduta in taniche è però pesante e scomoda da trasportare e stoccare in casa.
Che fare, dunque? Una soluzione parziale ma efficace è l’acqua di condensa dei condizionatori e dei deumidificatori.
Il passaggio nei circuiti dell’elettrodomestico elimina una buona parte dei minerali: non nella percentuale eliminata dall’acqua demineralizzata in modo industriale, ma comunque abbastanza elevata per un uso con molti meno rischi.
Per raccoglierla basta lasciare un catino, una bacinella o una brocca sotto lo scolo nel condensatore: specie nello giornate più umide ci vorranno poche ore per avere una buona provvista di acqua demineralizzata perfetta per il ferro da stiro.
Attenzione: né l’acqua demineralizzata in modo industriale né quella ottenuta dal condizionatore è adatta per essere bevuta!
Cosa fare per preservare il ferro da stiro
Ecco alcuni suggerimenti per preservare efficacemente il ferro da stiro in ottime condizioni di pulizia dal calcare e per prevenire i danni più comuni.
Alla fine dell’uso elimina sempre l’acqua residua e asciuga il contenitore della caldaia, lasciandolo scoperto. Se l’acqua ristagna per ore nel serbatoio potrebbe formarsi una maggiore quantità di calcare.
Almeno una volta a settimana, se usi spesso il ferro da stiro, procedi con una pulizia più accurata della piastra. Esistono sia prodotti appositi, come gli stick di ammoniaca, sia prodotti naturali come il bicarbonato, l’acido citrico e il detergente per le stoviglie. Passane una piccola quantità sulla piastra, lascia agire qualche minuto e poi strofina con un panno asciutto per eliminare i residui.
Se noti calcare nel serbatoio puoi utilizzare una soluzione di acqua calda e acido citrico in soluzione al 15% (non usare lemontrì perché contiene cellulosa) o succo di limone. Lasciala nella caldaia per una mezz’ora, eliminala, risciacqua e asciuga attentamente. L’acidità dell’acido citrico scioglierà il calcare e lo farà depositare sul fondo del serbatoio, dove è facile eliminarlo. Se il tuo ferro da stiro è di ultima generazione potrebbe avere una funzione di rimozione del calcare integrata: segui le istruzioni per eseguire la procedura e pulire il serbatoio.
Prodotti sintetici o naturali?
Abbiamo accennato all’esistenza sia di prodotti specifici, spesso consigliati dai produttori, sia di prodotti naturali efficaci per la rimozione del calcare.
Vediamo insieme vantaggi e svantaggi dell’uso di entrambi.
Il detergente sintetico è sicuro dal punto di vista dell’uso, a patto di rispettare le istruzioni sulla confezione e fornite dal produttore. Per evitare un carico di responsabilità, i produtti spesso sconsigliano i rimedi naturali per la pulizia del ferro e piuttosto consigliano l’acquisto di detergenti specifici. Hanno il vantaggio di essere già pronti all’uso, ma costosi.
I rimedi naturali sono facili da organizzare: spesso sono creati a partire da ingredienti presenti in qualsiasi cucina, dispensa o armadietto delle pulizie. Richiedono qualche tentativo per dosare bene gli ingredienti e trovare il giusto mix per le proprie esigenze, ma il loro costo è decisamente irrisorio. Generalmente -anche se non è detto in modo assoluto!- comportano meno rischi per la salute e per l’ambiente naturale.
Il prodotto principe per la pulizia del ferro da stiro in modo naturale è l’ Acido citrico, economico e di facile reperimento.
La scelta, insomma, si basa soprattutto sulle singole esigenze. Valuta entrambi le soluzioni, provare e verifica quali si adattano meglio al tuo caso!
Pulire la piastra del ferro da stiro: i metodi più comuni
La piastra del nostro ferro da stiro è la parte più importante su cui effettuare una continua manutenzione.
Il motivo è ovvio: si tratta della parte a stretto contatto coi capi che intendiamo stirare, quindi trascurarla significherebbe anche mettere a repentaglio i nostri vestiti in fase di stiratura.
Per prevenire questo problema esistono molti metodi per la pulizia della piastra in maniera efficace e vediamo allora qualche trucchetto per mantenere il nostro ferro da stiro come nuovo.
Trattare la piastra del Ferro da Stiro con sale e l’aceto
Il primo metodo per una pulizia naturale della piastra è quello che coinvolge il sale e l’aceto.
La procedura è molto semplice.
In un piccolo tegame mettere a scaldare dell’aceto con del sale fino. la soluzione che si viene a creare va portata ad ebollizione e appena raggiunge quel punto va tolta dal fuoco.
A quel punto, avendo cura di indossare un paio di guanti come quelli che si usano per le pulizie domestiche, intingere un panno nella soluzione calda e strofinarla sulla piastra del nostro ferro da stiro.
Questa soluzione è ottima per togliere le incrostazioni di sporco dalla piastra e se il panno non dovesse bastare, si può decidere di applicare più forza allo strofinamento con l’ausilio di una paglietta delicata, avendo cura di non rovinare la piastra con graffi che ne pregiudicherebbero l’effetto stirante.
Pulire la piastra del ferro da stiro con bicarbonato di sodio
Anche il bicarbonato può venire in aiuto per la pulizia della piastra del nostro ferro da stiro.
In un piccolo recipiente mettiamo poca acqua e aggiungiamo due cucchiai di bicarbonato di sodio, mescolando il composto fino ad ottenere una pasta omogenea.
Questa pasta verrà poi stesa sulla superficie della piastra del nostro ferro in maniera uniforme, avendo cura di concentrarci in particolar modo nelle zone dove si annida maggiormente lo sporco, tendenzialmente in prossimità delle scanalature e dei fori da cui fuoriesce il vapore.
Quando la pasta è stesa passiamo con un panno umido fino a togliere del tutto il composto precedentemente applicato. In questa fase possiamo anche togliere energicamente con il panno il composto, senza avere timore di rovinare la piastra.
Nelle zone di fori e scanalature è consigliate passare con l’ausilio di un cotton fioc inumidito per raggiungere ogni zona e togliere ogni residuo di bicarbonato pastoso.
Se sulla superficie rimane un alone bianco dovuto a qualche residuo passiamo più volte il panno umido ed infine eseguiamo una stiratura di prova su di uno straccio sacrificabile.
Altri metodi fai da te per pulire la piastra del ferro da stiro
Esistono altri metodi semplici per manutenere la piastra del nostro ferro da stiro.
Si possono usare detersivi naturali che utilizziamo anche per le padelle, soprattutto per quei ferri da stiro con piastre rivestite in teflon, come le padelle antiaderenti.
La soluzione da preparara con acqua e detersivo naturale dovrà essere estremamente concentrata per dare un buon risultato.
In alternativa è possibile anche utilizzare del classico dentifricio, da passare su tutta la superficie della piastra per poi toglierlo con un panno umido su più passate.
La raccomandazione in genere è sempre quella di non usare nulla metallico per rimuovere il detergente che intendiamo utilizzare, per non rovinare la superficie.
Nelle zone dei fori del vapore assicurarsi di passare con un cotton fioc umido per pulire al meglio anche le zone difficilmente accessibili da un panno.
Infine è possibile anche sfruttare il funzionamento del ferro per effettuare una pulizia dell’impianto. Si può infatti inserire dell’aceto bianco riempiendo circa un terzo del serbatoio, magari diluendo con un po’ di semplice acqua. a questo punto accendere il ferro da stiro e portarlo alla massima temperatura lasciando che possa sviluppare il vapore.
Quando l’aceto sarà completamente evaporato si può passare la piastra su uno straccio sacrificabile poggiato sull’asse da stiro, in quanto la procedura potrebbe macchiare le superfici.
PASSO 2
Per le testine (spazzolini) fai bollire un pentolino d’acqua, spegni e versaci un po’ di BICARBONATO, immergici le testine e mescola. Nel tempo che il BICARBONATOimpiega a sciogliersi, avrai pulito le tue testine.
PASSO 3
Per la parte interna (dove si innesta nell’impugnatura) potresti aver bisogno di pulire con una spazzolina o uno stuzzicadenti.
PASSO 4 Infine sciacquali e saranno nuovamente pronti all’uso!
Biodegradabile oltre il 90% Parliamoci chiaro: riferito a un detersivo non significa una cippa!
Vediamo perché…
Ti sarà capitato di leggere sull’etichetta di un detersivo la scritta BIODEGRADABILE oltre il 90%.
Se pensi che puoi stare tranquilla perché hai in mano un prodotto poco inquinante stai commettendo un grave errore.
Infatti si tratta di una dicitura che può generare confusione facendo pensare ad un prodotto “ecologico” quando il prodotto ecologico non è.
Ma allora cosa significa Biodegradabile oltre il 90%?
Qui corro il rischio di fare un pippone noioso con termini tecnici, ma sarà necessario per comprendere il problema, e smetterla di farti prendere in giro da questa frasetta magica.
La parola “biodegradabilità” senza ulteriori precisazioni risulta ambigua e poco precisa, ma in linea generale sta a significare la demolizione di un composto da una struttura complessa a una struttura semplice.
Parlando di detersivi, non possiamo fare a meno di fare riferimento ai 3 tipi di biodegradabiltà diversa e di precisare che in nessun caso si prende inconsiderazione la biodegradabilità dell’intero prodotto ma solo quella dei tensioattivi che lo compongono.
E i tensioattivi sono la minima parte della formula di un detersivo.
È la trasformazione del tensioattivo da parte di microorganismi in presenza di ossigeno.
È la più semplice che si verifica ma è una semplice rottura delle molecole del tensioattivo.
In questo caso, non è detto che le molecole ottenute siano meno inquinanti di quelle di partenza.
La normativa dice: “[…] «biodegradazione primaria» è la modifica strutturale (trasformazione) di un tensioattivo da parte di microrganismi che ne provoca la perdita delle proprietà tensioattive a causa della degradazione della sostanza madre e la conseguente perdita della proprietà tensioattiva […]” (Reg. Cee 648/2004 – Art 2,7) “La biodegradabilità primaria si considera soddisfacente a un livello minimo dell’80 % […]“ (Reg CE 648/2004 – Allegato II)
Questa è la biodegradabilità considerata nel DL 136 del 26/4/1983, ormai non più in vigore, a cui faceva riferimento la dichiarazione “Biodegradabile oltre il 90%” riportata in etichetta dai detersivi:
“È vietata la produzione, la detenzione, la immissione in commercio, l’introduzione nel territorio dello Stato e l’uso da parte degli stabilimenti industriali o degli esercizi pubblici di detersivi quando la biodegradabilità media dei tensioattivi sintetici in essi contenuti sia inferiore al 90 per cento […]” (DL 136/1983 – Art. 2)
In sintesi…
Quando trovi la scritta BIODEGRADABILE OLTRE IL 90% significa solamente che il prodotto è conforme a questa legge.
Non significa che è ecologico.
Non solo, questa normativa è superata.
Il regolamento europeo 648/04 attualmente in vigore introduce infatti un secondo tipo di biodegradabilità, la Biodegradabilità aerobica totale.
2) Biodegradabilità aerobica totale (mineralizzazione)
È la biodegradazione che si ottiene quando il tensioattivo viene distrutto completamente e trasformato in biossido di carbonio, acqua e sali minerali.
“La biodegradabilità dei tensioattivi nei detergenti si considera soddisfacente se il livello di biodegradabilità (mineralizzazione) misurato […] è almeno del 60% entro un termine di ventotto giorni […]” (Reg. CEE 648/04 – Allegato III)
In sintesi…
L’attuale regolamento prevede che tutti i tensioattivi utilizzati per creare un detersivo diventino sali minerali, biossido di sodio e acqua.
Per misurare se questo fenomeno si avvera, si verifica se entro 28 giorni i tensioattivi si sono mineralizzati almeno del 60%.
Anche questo secondo criterio si applica a tutti i detersivi in commercio, ecologici e petrolchimici, e un detersivo che lo rispetta non è un detersivo ecologico.
Fino a qui le regole a cui si attengono tutti i detersivi in commercio.
È chiaro che la scritta BIODEGRADABILE riportata nei detersivi non indica che il prodotto è ecologico
Entriamo ora nell’ambito dei detersivi ecologici e della normativa di riferimento, la normativa Ecolabel.
Non è raro che i tensioattivi non si degradino completamente in acqua, e cioè in ambiente aerobico.
E cosa succede quando raggiungono i fanghi di fiumi, laghi e mari e cioè gli ambienti anaerobici?
Semplice: rimangono lì a inquinare.
È questo il motivo che ha spinto a creare la Commissione Ecolabel e analizzare la capacità di degradazione dei tensioattivi anche in ambiente anaerobico.
Qui entriamo nel campo dei detersivi ecologici e della biodegradabilità anaerobica.
3) Biodegradabilità anaerobica
È la biodegradabilità che si ottiene anche in ambienti privi di ossigeno.
Fondi e fanghi di fiumi, laghi e mari.
Un detersivo per essere ecologico deve garantire la degradabilità finale in condizioni anaerobiche di almeno il 60%.
La verifica di tale criterio avviene grazie alla pubblicazione di una lista degli ingredienti, una “DID list” (Detergent Ingredient Database) nella quale è indicato se un certo tensioattivo è biodegradabile anaerobicamente o meno.
Se l’ingrediente non è presente nella lista allora non si può usare per un detersivo che si vuole chiamare ecologico.
Se i produttori di detersivi petrolchimici inserissero la lista degli ingredienti in etichetta sarebbe molto semplice verificare l’ecologicità del prodotto.
Purtroppo non lo fanno.
La Biodegradabilità anaerobica dei tensioattivi non è richiesta per prodotti convenzionali petrolchimici, ma solo per quelli che intendono certificarsi secondo lo standard Ecolabel e gli altri standard più stringenti che fanno comunque riferimento ai criteri Ecolabel.
(ICEA-AIAB-BIOCERT)
Ora ti è chiaro che quando ti scrivono Biodegradabile oltre il 90% in etichetta in realtà ti stanno prendendo in giro e facendo credere di avere in mano un detersivo ecologico.
Oltre a questo dobbiamo fare un’altra precisazione: per essere un vero detersivo ecologico non basta garantire la biodegradabilità totale anaerobica ma…
Bisogna prendere in considerazione anche la tossicità del prodotto.
Non basta pensare a come si degrada il detersivo ma anche a quanto è tossico e quanti danni combina mentre si trova in acqua e si degrada.
Questa valutazione viene fatta attraverso il il calcolo del Volume Critico di Diluizione VCDtox.
La formula per calcolarla è la seguente:
VCD tox (ingrediente) Peso ingrediente x Fattore di carico (LF) X 1000 Effetto di lungo termine (LTE)
Il risultato di questo calcolo è un valore che rappresenta la quantità di acqua minima necessaria per rendere innocua una dose standard di detergente per gli organismo acquatici.
Ci dice quanta acqua serve aggiungere a una dose di prodotto perché quell’acqua sia di nuovo vivibile per gli organismi acquatici.
Pulire la moka con il detersivo non è una pratica diffusa, per fortuna… Ma di tanto in tanto potrebbe essere opportuno decalcificarla per ottenere un caffè più buono, in meno tempo e preservando la moka per lunghissimo tempo.
Il procedimento per decalcificare la moka è facile e veloce. Ecco come procedere:
Metti un cucchiaino di ACIDO CITRICO nel serbatoio della moka e aggiungi acqua come se la stessi preparando per un normale caffè
Inserisci il filtro (lasciandolo vuoto)
mettila nel fuoco come se stessi preparando un vero caffè.
Quando l’acqua sarà passata per il filtro avrà svolto insieme all’ACIDO CITRICO, la sua azione di pulizia e decalcificazione.
Non preoccuparti se il primo caffè che farai dopo questo procedimento avrà un sapore diverso dal solito. Al caffè successivo tornerà tutto come prima.
Nota: la soluzione migliore è l’acido citrico e non l’aceto come ti può essere capitato di leggere. Questo perché, seppure l’aceto è una soluzione ecologica, l’acido citrico inquina 53 volte di meno le falde acquifere.
L’orrore delle mamme che hanno bambini piccoli che vogliono emulare Cristianko Ronaldo sono le macchie di fango. Non se segui il blog di Verdevero però… Ecco un facile trucchetto per pulire il fango dai vestiti.
La soluzione ecologica:
Sgrassatore ecologico e sapone vegetale.
⚛ Tipo di macchia:
Organico, fango.
Tempo necessario:
10 minuti + ciclo di lavaggio in lavatrice.
Tipo di materiale:
Cotone.
Impegno necessario:
Difficoltà 2 di 10
Ingredienti che puoi usare:
Sgrassatore ecologico e sapone vegetale.
⚗ Tipo di prodotto utile:
✅Procedimento
Puoi procedere in questo modo:
1. Spruzza GRINTAdirettamente sulla macchia e lascia agire per 5 minuti
2. A questo punto strofina SMACCHIETTAsulla macchia fino a ottenere una schiumetta marrone
Se necessario puoi continuare a strofinare per qualche secondo fibra contro fibra per rimuovere gli eventuali ultimi residui di sporco.
3. Il capo ora è pronto per essere messo in lavatrice per un normale lavaggio con BEIPANNI.
Scegli la temperatura da impostare in base alle indicazioni in etichetta.
4. Se i capi sono bianchi o colorati con colori tenui e leggeri aggiungi una dose di BIOBIANCOal lavaggio
Hai mai notato un sapore strano nel tuo caffè del mattino? Potrebbe essere il momento di decalcificare la tua macchina del caffè. La calcificazione può influire sulla qualità del tuo caffè preferito, ma non preoccuparti!
In questo articolo ti mostrerò come rendere la tua macchina del caffè come nuova in pochi minuti.
Una macchina del caffè decalcificata adeguatamente non solo migliora il sapore del caffè, ma prolunga anche la vita utile del tuo prezioso elettrodomestico.
Sei pronto ad immergerti in questa guida completa? Scoprirai come decalcificare la tua macchina del caffè passo dopo passo, utilizzando ingredienti naturali e semplici.
Inoltre, ti fornirò alcuni preziosi consigli per evitare la calcificazione in futuro.
Scopri quante cose puoi fare con un solo ingrediente magico.
Ammorbidente, brillantante e anticalcare per il bagno sono solo alcuni degli utilizzi dell’acido citrico.
Prodotti per la decalcificazione della macchina del caffè
La scelta del prodotto giusto per la decalcificazione della macchina del caffè è fondamentale per garantire una pulizia efficace senza danneggiare l’elettrodomestico.
Esistono vari prodotti disponibili sul mercato progettati specificamente per questo scopo.
Tra i più comuni ci sono i decalcificanti liquidi, che possono essere facilmente versati nel serbatoio dell’acqua, e le pastiglie, che si sciolgono e agiscono contro i depositi di calcare.
È importante scegliere un prodotto che sia compatibile con il proprio modello di macchina per il caffè, quindi è sempre bene consultare il manuale dell’utente.
Tuttavia tuttti questi ingredienti non sono altro che confezionamenti diversi dello stesso principio chimico naturale e cioè l’acido citrico: un acido naturale che si trova in molte varietà di frutta e ha dimostrato di essere molto efficace nella rimozione del calcare. Evita di spendere soldi inutilmente e usa pure acido citrico puro. Scopri tutti gli usi dell’acido citrico di Verdevero QUI
In alternativa, molti esperti online consigliano di utilizzare ingredienti naturali come l’aceto bianco. Questi rimedi domestici non solo sono più economici, ma sono anche meno tossici e più ecologici rispetto ai prodotti chimici commerciali. L’aceto bianco, grazie alla sua acidità, può sciogliere i depositi di calcare in modo simile.
Infine, è importante ricordare che la qualità dell’acqua utilizzata nella macchina del caffè può influire sulla formazione di calcare. Se si vive in una zona con acqua dura, investire in un sistema di filtraggio dell’acqua può essere una buona soluzione per ridurre la frequenza della decalcificazione e migliorare il gusto del caffè. In questo modo, si protegge non solo la macchina, ma anche il sapore delle bevande che si preparano.
Cos’è la decalcificazione della macchina del caffè
La decalcificazione è il processo attraverso il quale si rimuovono i depositi di calcare che si accumulano all’interno della macchina del caffè. Questi depositi si formano principalmente a causa dell’acqua dura, che contiene elevate quantità di minerali come calcio e magnesio. Quando l’acqua viene riscaldata all’interno della macchina, questi minerali possono cristallizzarsi e attaccarsi alle superfici interne, creando incrostazioni che compromettono il funzionamento dell’elettrodomestico.
Durante il processo di decalcificazione, il prodotto scelto, sia esso un decalcificante commerciale o un rimedio naturale, agisce per sciogliere questi depositi minerali. Una volta che il calcare è stato rimosso, la macchina del caffè torna a funzionare in modo più efficiente, consentendo di preparare caffè dal gusto migliore. Inoltre, la decalcificazione regolare può prevenire danni permanenti alla macchina, allungando così la sua vita utile.
È importante notare che la decalcificazione non deve essere confusa con la pulizia ordinaria della macchina del caffè. Mentre la pulizia si concentra sulla rimozione di residui di caffè e oli, la decalcificazione affronta specificamente i problemi legati all’accumulo di calcare. Entrambi i processi sono essenziali per mantenere la macchina in buone condizioni e garantire un caffè di alta qualità.
Perché è importante decalcificare la macchina del caffè
Decalcificare la macchina del caffè è fondamentale per diversi motivi. In primo luogo, un accumulo di calcare può influire negativamente sulla qualità del caffè. I depositi di calcare possono alterare il sapore dell’acqua, rendendo il caffè più amaro o meno aromatico. Questo è particolarmente evidente se si utilizza acqua dura, che tende a lasciare più residui. Una macchina del caffè pulita e decalcificata, al contrario, permette all’acqua di fluire liberamente e di estrarre i migliori aromi dai chicchi di caffè.
In secondo luogo, la decalcificazione è essenziale per il funzionamento efficiente della macchina. I depositi di calcare possono ostruire i tubi e le resistenze, causando un surriscaldamento dell’elettrodomestico e potenzialmente portando a guasti meccanici. Le macchine del caffè che non vengono decalcificate regolarmente possono avere una vita utile significativamente ridotta, con costi di riparazione o sostituzione che possono essere elevati. Investire nella decalcificazione è quindi una strategia economica a lungo termine.
Infine, una macchina del caffè ben mantenuta consente di risparmiare tempo e fatica. Una macchina che lavora in modo efficiente richiede meno interventi di manutenzione e produce caffè di qualità superiore, riducendo la necessità di ripetere il processo di preparazione. Questo significa più tempo per godersi il caffè e meno preoccupazioni riguardo a problemi tecnici. La decalcificazione regolare è quindi un passo cruciale per chiunque desideri un’esperienza di caffè soddisfacente e senza intoppi.
Segnali che la tua macchina del caffè ha bisogno di essere decalcificata
Ci sono diversi segnali che indicano che la tua macchina del caffè ha bisogno di essere decalcificata. Uno dei segnali più evidenti è un cambiamento nel sapore del caffè. Se noti un gusto strano o amaro, potrebbe essere il risultato di depositi di calcare che alterano il sapore dell’acqua. Un caffè che non ha il solito aroma ricco e pieno è un chiaro indicativo che è tempo di intervenire.
Un altro segnale comune è il rallentamento del flusso d’acqua. Se la tua macchina impiega più tempo del solito per erogare il caffè, potrebbe essere a causa di ostruzioni causate dal calcare. Questo non solo rallenta il processo di preparazione, ma può anche danneggiare componenti interni se non viene affrontato prontamente. Un flusso d’acqua irregolare è un chiaro invito a decalcificare.
Infine, molti modelli di macchine da caffè moderne sono dotati di indicatori di manutenzione che avvisano quando è necessario decalcificare. Questi segnali luminosi o messaggi sul display possono variare da un modello all’altro, quindi è importante consultare il manuale per comprendere come riconoscere questi avvisi. Ignorare questi segnali può portare a problemi più gravi e costosi nel lungo termine, rendendo la decalcificazione un’operazione fondamentale da non trascurare.
Come decalcificare la macchina del caffè passo dopo passo con l’acido citrico
Decalcificare la macchina del caffè con l’acido citrico è un processo semplice e efficace.
Per iniziare, assicurati di avere a disposizione dell’acido citrico in polvere. Prima di tutto, svuota il serbatoio dell’acqua della macchina e risciacqualo per rimuovere eventuali residui. Successivamente, prepara una soluzione mescolando circa 150 grammi di acido citrico in un litro d’acqua calda. Questa soluzione aiuterà a sciogliere il calcare accumulato.
Versa la soluzione di acido citrico nel serbatoio dell’acqua e accendi la macchina. Se la tua macchina ha un ciclo di decalcificazione, segui le istruzioni del produttore per eseguire il ciclo. In assenza di un ciclo automatico, puoi semplicemente avviare un normale ciclo di erogazione del caffè, ma senza inserire il caffè.
Lascia che la soluzione passi attraverso il sistema, facendo attenzione a non superare la quantità di acqua consigliata.
Una volta completato il ciclo, è fondamentale risciacquare bene la macchina per eliminare eventuali residui di acido citrico. Svuota il serbatoio e riempi di nuovo con acqua fresca, quindi esegui uno o due cicli di risciacquo.
Dopo questi passaggi, la tua macchina del caffè sarà decalcificata e pronta per preparare un caffè delizioso. Ricorda di eseguire questa operazione regolarmente, ogni uno o due mesi, a seconda della durezza dell’acqua nella tua zona.
Consigli per mantenere la macchina del caffè in condizioni ottimali
Mantenere la macchina del caffè in condizioni ottimali richiede un po’ di attenzione, ma i risultati ripagano gli sforzi. In primo luogo, è consigliabile utilizzare acqua filtrata o minerale, se possibile. L’acqua dura, ricca di minerali, è la principale causa di calcificazione. Filtrare l’acqua prima di utilizzarla nella macchina può ridurre notevolmente l’accumulo di calcare e migliorare anche il sapore del tuo caffè.
In secondo luogo, è importante pulire regolarmente la macchina del caffè. Oltre alla decalcificazione, è bene rimuovere i residui di caffè e oli, che possono accumularsi nel serbatoio e nei filtri. Utilizza un panno umido per pulire l’esterno della macchina e segui le istruzioni del produttore per la pulizia delle parti interne. Alcuni modelli hanno componenti rimovibili che possono essere lavati in lavastoviglie, rendendo il processo ancora più semplice.
Infine, fai attenzione a non lasciare l’acqua stagnante nel serbatoio della macchina per lunghi periodi. Se non utilizzi la macchina per un po’, svuota il serbatoio e lasciala asciugare. Questo aiuta a prevenire la formazione di muffe e batteri, garantendo che ogni tazza di caffè sia fresca e pulita. Seguendo questi semplici consigli, potrai prolungare la vita della tua macchina del caffè e goderti ogni giorno un caffè delizioso.
Conclusioni e vantaggi della decalcificazione regolare della macchina del caffè
In conclusione, la decalcificazione regolare della macchina del caffè è un passaggio cruciale per garantire una lunga vita all’elettrodomestico e per mantenere un caffè di alta qualità. Non solo migliora il sapore delle tue bevande, ma previene anche danni meccanici che potrebbero richiedere costose riparazioni. Investire tempo nella manutenzione della macchina è un modo intelligente per proteggere il tuo investimento e assicurarti che ogni tazza di caffè sia perfetta.
Inoltre, la decalcificazione contribuisce a un funzionamento più efficiente della macchina, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’esperienza complessiva di preparazione del caffè. Con l’acido citrico o altri rimedi naturali, la procedura è semplice e veloce, rendendo la manutenzione della macchina un compito alla portata di tutti. È un gesto che non solo fa bene alla macchina, ma anche al palato.
Infine, ricorda che una macchina del caffè ben mantenuta può offrirti un caffè dal sapore e dall’aroma ineguagliabili. Prenditi cura di questo prezioso elettrodomestico e goditi ogni giorno il tuo caffè come se fosse il primo. La decalcificazione regolare è la chiave per un caffè sempre fresco e delizioso, un vero piacere per gli amanti del caffè.
Spesso mettiamo i vasi di fiori a decorare il davanzale, ma se non li puliamo costantemente possono lasciare macchie.
La soluzione ecologica:
Acqua e acido citrico.
⚛ Tipo di macchia:
Organico e calcare.
Tempo necessario:
15/20 minuti.
Tipo di materiale:
Pietra naturale levigata.
Impegno necessario:
Difficoltà 4 di 10
Ingredienti che puoi usare:
Acqua e acido citrico.
⚗ Tipo di prodotto utile:
✅Procedimento
Puoi procedere in questo modo:
1. Metti da parte dell’acqua;
2. Versa un po’ di Lemontrì sulla EvoSponge;
3. Gratta bene le parti macchiate, senza soffermarti troppo, e sciacqua subito con dell’acqua;
4. Ripeti questa operazione, avendo cura di strofinare energicamente per qualche secondo e poi sciacquare velocemente, è molto importante che Lemontrì non resti a contatto con la pietra per troppo tempo.
☑ Cosa non fare mai:
Non usare prodotti troppo acidi come l’aceto.
Pulire le tende da sole è per molte persone un vero incubo!
Le tende da sole sono sempre esposte alle intemperie, all’inquinamento e… ai ricordini degli animali.
Sia per un corretto mantenimento del tessuto, sia per l’igiene e la pulizia, è fondamentale aver cura delle tende da sole.
E la bella notizia è che lo puoi fare in modo ecologico.
Cosa ti serve per pulire le tende da sole in modo ecologico
Per pulire le tende servono dai 30 ai 40 minuti. I tessuti su cui si applica questo metodo sono il cotono o il lino. Ti servirà una scopa o un’aspirapolvere, del CARBONATO DI SODIO Verdevero, acqua e una spugna leggermente abrasiva, come EVOSPONGE.
La tecnica veloce per pulire le tende da sole senza rimuoverle
Per prima cosa devi spolverarle, rimuovendo polvere e residui che le appesantiscono: puoi fare questa azione con un’aspirapolvere se la superficie te lo permette, altrimenti con una scopa tradizionale o con una scopa rimuovi polvere. Munisciti poi di una canna dell’acqua e accertati di applicare questo metodo quando le tende da sole sono all’ombra.
Metti 3 cucchiai di CARBONATO DI SODIO in 3 litri di acqua calda;
Strofina la tenda con una spugna imbevuta in questa soluzione (se è molto ampia puoi usare una scopa, oppure la vecchia spazzola per la schiena che si usa per fare la doccia);
Fai in modo che non si asciughi questa soluzione sulla tenda (lavala in un momento d’ombra);
Una volta strofinata per qualche minuto, risciacqua con il tubo dell’acqua.
Le macchie verdi e la muffa sulle tende da sole
Quando si forma questo tipo di macchia sulle tende da sole, se riusciamo facilmente ad arrivare nel punto in cui si è formata, si procede così:
Inumidire la superficie della macchia;
Spruzzare USAMIX, e coprire con un po’ di pellicola;
Lasciare agire per venti minuti circa;
Risciacqua con la canna dell’acqua;
Se la macchia c’è ancora, passare la macchia con AMANì, detergente piatti neutro: strofinare bene, quindi risciacquare.
Se le tue tende da sole possono essere smontate
In questo caso, non ti resta che fare un pre-ammollo di mezza giornata in acqua calda con BIOBIANCO; quindi procedi con un normale lavaggio a 60 gradi con BEIPANNI e BIOBIANCO.
Una volta lavate rimontale ancora bagnate, asciugheranno tornando in piega!
I prodotti consigliati da Fabrizio di Verdevero per pulire le tende