Per coloro che come me sono nati a cavallo tra gli anni settanta e ottanta l’immagine dello scienziato russo è quella dell’uomo dalla mascella stretta, alto, magro, in camice e che cerca di costruire un missile atomico o che lancia nello spazio una cagnetta dentro un missile.
Nulla a che fare con la notizia diffusa oggi dall’ansa:
‘Resuscitata’ dal permafrost siberiano una pianta da fiore vissuta 30.000 anni fa: l’esperimento realizzato dall’Accademia delle Scienze in Russia dimostra che il terreno ghiacciato che riveste il 20% del pianeta potrebbe essere una ‘cassaforte della biodiversita’. E’ Silene stenophylla, una pianta erbacea molto diffusa nel Pleistocene, i cui semi sono stati rinvenuti a 38 metri di profondità, nel terreno ghiacciato della Siberia nordorientale, preservati in una tana fossilizzata di scoiattoli.
Gli scienziati russi sono impegnati nel recupero di specie vegetali? Ma come? Proprio non me li vedo. Rimane il fatto che gli scienziati russi potrebbero dare un enorme contributo alla lotta contro la perdita della biodiversità
Le cause di perdita di biodiversità sono innumerevoli e guarda caso le colpe sono spesso imputabili all’uomo:
- Alterazione e perdita degli habitat: la trasformazione delle aree naturali determina non solo la perdita delle specie vegetali, ma anche la riduzione delle specie animali a esse associate.
- Introduzione di specie esotiche e di organismi geneticamente modificati: specie originarie di una data area, introdotte in nuovi ambienti naturali, possono portare a diversi scompensi nell’equilibrio ecologico.
- Inquinamento: l’attività umana influisce sull’ambiente naturale producendo effetti negativi diretti o indiretti che alterano i flussi energetici, la costituzione chimico-fisica dell’ambiente e l’abbondanza delle specie.
- Cambiamenti climatici: ad esempio, il riscaldamento della superficie terrestre incide sulla biodiversità perché mette a rischio tutte le specie adattate al freddo sia per latitudine (specie polari) sia per altitudine (specie montane).
- Sovrasfruttamento delle risorse: quando l’attività di cattura e di raccolta (caccia, pesca, raccolti) di una risorsa naturale rinnovabile in una data area è eccessivamente intensa, la risorsa stessa rischia di esaurirsi, come, ad esempio, sta accadendo per sardine, aringhe, merluzzo, tonno e per molte altre specie che l’uomo cattura senza lasciare il tempo agli organismi di riprodursi.
Ma non sarebbe più semplice limitare la perdita della biodiversità presente piuttosto che ricercare la biodiversità scomparsa 30000 anni fa?